
di Silvia Vignati
Parafrasando Walt Whitman, si può dire che Claudio Madia contenga moltitudini. Saltimbanco, attore teatrale, circense e personaggio televisivo, 62 anni, dopo una giovinezza avventurosa in giro per il mondo (a piedi in Africa, in canoa nei fiumi amazzonici), dopo aver sperimentato mestieri disparati - mozzo, artigiano della pietra, grafico, giardiniere - mette radici a Milano, dove è nato e da dove non si muoverà più dedicandosi alla sua grande passione: il Piccolo circo. "Quattro figli cresciuti grazie ai guadagni della mia arte proposta nelle piazze o sul palcoscenico del Teatro alla Scala, come personaggio televisivo in trasmissioni come l’Albero Azzurro (Raiuno) o come autore di racconti e manuali per ragazzi editi da Feltrinelli, Salani, Mondadori – dice di sé –. Il Piccolo circo di Porta Volta da me fondato è stato punto di riferimento per l’arte di strada, dal Duemila al 2015".
Claudio, tutti parlano di ripartenze: è così anche voi saltimbanchi?
"Già, tutti sono ripartiti: teatri, attività ludiche, sportive e culturali. Tutto riaperto tranne l’arte di strada a Milano. Per rimpalli di responsabilità non è ancora stato pensata, come in altre città, la possibilità di aprire le piazze e i parchi (nelle postazioni prestabilite) a musicisti e performer che dell’esibizione estemporanea all’aperto hanno fatto un’arte e che, praticando su suolo pubblico, assumono un ruolo comparabile a quello di un pubblico ufficiale: sono maestri nel gestire un eventuale capannello, responsabili dello spazio di loro competenza e dei rapporti con altri operatori o utenti. I saltimbanchi da sempre hanno scelto una forma artistica che viene (obtorto collo) ora riscoperta e adottata da molti, basata sulla sostenibilità, sull’essenzialità, sul rapporto diretto con pubblico reale… insomma i teatri riaprono nei parchi, per piccoli gruppi, fioriscono gli spettacoli nei cortili o itineranti… ma gli artisti che da sempre, liberamente, praticavano questa arte, invece non hanno l’autorizzazione ad esibirsi, speriamo ancora per poco. Il Comune non ha motivo per osteggiare la nostra arte. E la Federazione nazionale arte di strada (Fnas) vigila e lotta per noi".
Cosa ha significato, come artista, il lockdown e come hai usato questo tempo forzato?
"Chi ha scelto di fare l’artista, per esempio il balacorda (equilibrista su corda molle) come me, parte già consapevole del rischio, dell’imprevisto, della caduta, dello stop fisico o artistico. Chi affida la sua sorte alle bizzarrie degli Dei, sa di potere contare sulla loro benevolenza solo se rimane come il matto dei tarocchi: pronto a tutto purché fedele alla sua natura di sperimentatore, di pioniere. Da febbraio 2020 a oggi non ho avuto il tempo di fare tutto quel che mi ero riproposto. Ho però concluso un lavoro che giaceva nel cassetto da tempo e ne è uscito il libro “Saltimbanchi a Milano” (Funanbolo edizioni): lo presenterò sabato 12 giugno alle 17 al Vagone bar sociale (Parco Lambro) di via Casoria 50, con il collega Piergiorgio Vimercati".
C’è un appello che vorresti lanciare?
"Il mondo del teatro ha fatto una figuraccia in questo ultimo anno piangendo miseria davanti a ben più gravi urgenze e lacune in settori fondamentali come salute e istruzione. Mi piacerebbe un sindacato forte e attento che sappia far valere i giusti diritti dei lavoratori. E una solidarietà maggiore tra gli artisti. Più collaborazione, più contaminazione".