NICOLA PALMA
Cronaca

La Scala festeggia un altro anno in utile: sala sempre piena al 92% e 244mila euro a serata

Anche il 2024 si è chiuso con un risultato positivo: gli incassi da botteghino hanno quasi pareggiato i contributi dello Stato Il sovrintendente Ortombina: “Una nuova fase nella storia del teatro”

Il Teatro alla Scala di Milano

Il Teatro alla Scala di Milano

Milano, 15 giugno 2025 – L’istantanea che ne viene fuori è quella di un teatro in salute. E non potrebbe essere altrimenti per una realtà culturale con numeri da grande azienda che da 19 anni chiude la stagione in pareggio o in utile.

Accadde la prima volta nel 2006, all’esordio da sovrintendente di Stéphane Lissner; e da allora i conti non sono mai andati in rosso, né col manager francese né con Alexander Pereira né con Dominique Meyer.

L’ultimo consuntivo della Scala, quello del 2024, segna il passaggio all’era di Fortunato Ortombina, che, seppur entrato in carica a fine febbraio 2025, ha firmato il bilancio ereditato dal predecessore alsaziano.

Uno dei tanti spettacoli andati in scena al Teatro alla Scala
Uno dei tanti spettacoli andati in scena al Teatro alla Scala

Il tesoretto

Un bilancio che parte dal dato più importante: l’esercizio è andato in archivio con un attivo di 228mila euro, che ha issato il patrimonio netto a quota 133 milioni di euro (valore più alto nella storia del Piermarini). Niente a che vedere, certo, col surplus di 8,7 milioni del 2023, anche se quel dato record fu influenzato da variabili non replicabili (dalla prudenza sulle spese legata alle incertezze post pandemiche ai contributi statali straordinari).

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Proprio per questo, sottolinea Ortombina nella lettera ai fondatori, “il risultato è significativo per la capacità dimostrata dal teatro di saper raggiungere un equilibrio economico-finanziario anche in assenza degli elementi di natura eccezionale che avevano caratterizzato l’anno precedente e riproponendo un modello produttivo ormai consolidato”.

Incassi

Entrando nel dettaglio, una delle statistiche più interessanti riguarda gli incassi degli spettacoli, legata a doppio filo alla strategia adottata da Meyer: concentrare il pubblico su un minor numero di alzate di sipario (14 titoli d’opera per 91 recite e 9 titoli di balletto per 58 rappresentazioni), aumentando la saturazione di sala e abbattendo i costi variabili.

In questo modo, si legge nel report, l’ammontare delle entrate medie per recita d’opera è passato da 236mila euro nel 2023 a 244mila nel 2024; il tasso medio di saturazione dei posti disponibili ha raggiunto il 92%, superiore al già lusinghiero 90% del 2023 (era all’80% nel 2019). In flessione, invece, le cifre sul balletto: 124mila euro a sera contro i 131mila del 2023 e tasso di saturazione in calo di due punti percentuali (dal 90 all’88%).

Opera al top

In ogni caso, l’incremento dei guadagni da botteghino dell’opera (un milione) è riuscito a compensare il segno negativo di danza (-0,6 milioni) e spettacoli per bambini (-0,1 milioni): il volume d’affari complessivo di biglietteria e abbonamenti (importo di 7 milioni, pari al 26,2% delle entrate) ha superato quello del 2023 di 300mila euro, attestandosi a 34,1 milioni e arrivando quasi a uguagliare i fondi stanziati dallo Stato (35,874 milioni).

Un quadro d’insieme che induce Ortombina ad affermare che “il 2024, pur ponendosi in continuità con gli ultimi anni dal punto di vista del modello produttivo adottato, promette di rappresentare l’inizio di una nuova fase nella storia del teatro”. Una fase in cui non si potrà comunque prescindere dal ruolo dei fondatori.

Finanziamenti

Al netto degli stanziamenti garantiti dal Ministero della Cultura (955,6 milioni bonificati negli ultimi trent’anni), il Comune ha versato 4 milioni, in diminuzione di 1,339 milioni rispetto al 2023, anche se nel rinnovo della convenzione fino al 2026 è stato inserito un contributo massimo annuale di 3 milioni in conto capitale per finanziare programmi di investimento.

La Regione ha tenuto costante la sua quota a 3,308 milioni, portando la percentuale dei fondatori pubblici di diritto al 33,2% del bilancio. Il resto lo hanno fatto i fondatori non di diritto (18,9%), gli sponsor (9,3%), le erogazioni liberali (4,2%) e gli altri ricavi (8,2%).

Ultima nota per gli interventi di razionalizzazione ed efficientamento energetico, che hanno “consentito la riduzione del 20% dei consumi di riscaldamento ed energia elettrica”. Un piano che verrà esteso anche ai laboratori di via Bergognone per “coniugare l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale con quello di contenimento dei costi”.