NICOLA PALMA
Cronaca

Il futuro della Scala, sono giorni decisivi. Il nuovo Cda, i “sassolini” di Dominique Meyer, il dopo Chailly

Il sovrintendente uscente ha parlato a “M”, il magazine del quotidiano francese Le Monde, mettendo nel mirino l’ormai ex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi. Nel board ipotesi Diana Bracco

Il Sovrintendente uscente del Teatro alla Scala, Domininque Meyer

Il Sovrintendente uscente del Teatro alla Scala, Domininque Meyer

Milano – Giorni decisivi per il futuro della Scala. Mercoledì è in programma l’ultima seduta del Cda uscente, che il 17 dovrebbe lasciare spazio al nuovo board. Non ci sono ordini del giorno a dettare i tempi della seduta straordinaria, durante la quale potrebbe essere affrontato il tema di una possibile buonuscita (e di un’eventuale consulenza) per il sovrintendente Dominique Meyer, che a fine mese saluterà ufficialmente il Piermarini dopo cinque anni. L’alsaziano, che non ha mai nascosto la delusione per il mancato rinnovo, si è tolto qualche sassolino (o meglio, macigno) dalle scarpe in un lungo articolo che “M”, il magazine del quotidiano francese Le Monde, ha dedicato al tempio della lirica. Nel mirino è finito l’ormai ex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che in un’occasione, per sostenere la necessità di un manager italiano in via Filodrammatici, citò l’esempio dell’Opéra di Parigi in fatto di scelte autarchiche (nonostante lì il numero uno sia tedesco).

“Questa gente racconta tante cose senza sapere di cosa parla”, la sintesi che non lascia spazio alle interpretazioni. In un altro passaggio, non virgolettato, si dà conto del fatto che all’ultima Prima Meyer avrebbe fatto uno strappo al protocollo, evitando di avere al suo tavolo il presidente del Senato Ignazio La Russa alla cena di gala alla Società del Giardino. A che scopo? Per segnare la distanza dalla “retorica nazionalista del principale partito di maggioranza”, vale a dire Fratelli d’Italia. Allo stesso partito, quello della premier Giorgia Meloni, è legato il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che dovrà nominare due membri del futuro Cda: al momento, non ci sono certezze sui profili in lizza. Pare, invece, sicura l’uscita dalla stanza dei bottoni della Fondazione Monte di Lombardia, che non dovrebbe essere sostituita da un altro socio; di conseguenza, il board tornerà ad avere nove membri (il numero minimo previsto dallo Statuto) e non più dieci. Certo, ovviamente, il nome del presidente, ovvero il sindaco Giuseppe Sala, così come non sembrano esserci dubbi sulle conferme di Claudio De Scalzi (ad di Eni) e Giacomo Campora (ad e direttore generale di Allianz). Improbabile l’uscita di scena in quota Fondazione Cariplo del presidente emerito di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli. Dovrebbe lasciare dopo due mandati l’ex presidente di Assolombarda Alberto Meomartini, lasciando spazio in quota Camera di Commercio all’imprenditrice Diana Bracco. L’ultimo posto spetta alla Regione.

Al nuovo Consiglio d’amministrazione spetterà, tra le altre cose, completare un percorso già ampiamente impostato: la firma sul contratto del successore di Meyer, l’ex sovrintendente della Fenice Fortunato Ortombina. Il passaggio successivo riguarderà la scelta del direttore del Corpo di ballo: le indiscrezioni danno in uscita immediata Manuel Legris, che potrebbe essere temporaneamente rimpiazzato da Frederic Olivieri in attesa che l’étoile Roberto Bolle si liberi da tutti gli impegni internazionali. E poi servirà l’accordo sul dopo Chailly: l’identikit giusto dovrebbe essere quello di Daniele Gatti, anche se alla Scala, specie per una scelta così cruciale, i ribaltoni sono sempre dietro l’angolo.