
Don Roberto Mozzi, cappellano a San Vittore, con l’arcivescovo Mario Delpini
Milano – La “Spoon river” dei carcerati di San Vittore è emersa in tutta la sua drammaticità nelle parole del cappellano don Roberto Mozzi, che ieri mattina, davanti alla scalinata di Palazzo di Giustizia, alla "maratona oratoria" indetta dalle Camere Penali ha, più di ogni altra persona intervenuta alla staffetta, acceso i riflettori sull’emergenza carcere e sul dramma dei suicidi. Nell’ultimo anno a San Vittore si sono tolte la vita dodici persone. In pochi saprebbero dire chi sono e quale storia hanno. "La morte va rimossa in fretta, perché parla – ha detto don Roberto, cappellano in carcere da oltre dieci anni –. La morte è sempre stata affrontata così: qui custodiamo corpi vivi, dei morti non sappiamo cosa farcene. Non ce ne parlate neanche. E invece no. Oggi ne parliamo".
Il cappellano ha poi elencato nomi e storie. Il 31 maggio del 2022, Giacomo Trimarco, 21 anni, muore a causa del gas che ha inalato. "Dopo due tentativi di suicidio con gravi conseguenze, l’ultimo dei quali poche settimane prima, perché Giacomo continua ad avere a disposizione la bombola del gas?", si chiede il cappellano. Appena sei giorni prima, anche il suo amico di pochi anni più grande, Abou El Maati Ahmed, con cui divide la cella, si è tolto la vita a pochi metri da lui, sempre con il gas.
La notte dell’11 luglio Davide Paitoni, 40 anni, muore per impiccagione. Il giorno prima ha ricevuto la notizia del rigetto della richiesta di perizia psichiatrica nel processo in cui è imputato e per cui rischia l’ergastolo. "Proprio in quella notte – denuncia don Roberto – viene lasciato dormire in cella da solo, senza alcun compagno. Come è possibile, dal momento che nessuno, per regolamento, viene lasciato in cella da solo?".
L’11 settembre 2023 Davide Pessina, 34 anni, viene collocato in isolamento disciplinare, in una fase di disturbo psichiatrico acuto. Lasciato in cella da solo (perché?) di notte si impicca. L’8 dicembre anche Ahmed Sadawi, 46 anni, si impicca nel bagno della sua cella, mentre nella rotonda di San Vittore viene trasmessa la Prima della Scala.
“Perché – si chiede ancora don Roberto – nessuno si accorge di nulla, nonostante le telecamere siano poste sia nella cella, che nel bagno? Ma soprattutto, come ha fatto a procurarsi la cintura con cui si è impiccato, dal momento che non è possibile introdurre in quelle celle nulla che anche lontanamente possa assomigliare ad una cintura?".
E ancora: "Dei dodici suicidi avvenuti a San Vittore, quattro sono stati causati dall’inalazione di gas, ovvero uno su tre: perché – si chiede don Mozzi – non si trovano alternative all’uso del gas per cucinare, per i soggetti a rischio? Perché si preferisce lasciare tutto come sta?" Dopo ogni morte in carcere viene aperta un’indagine giudiziaria. "Possibile – conclude – che, di fronte a violazioni così palesi dei regolamenti penitenziari e dei protocolli di prevenzione del suicidio, nessuno abbia nulla da eccepire?".