Giulio Mola
Cronaca

Silvio Berlusconi, quando andava d’accordo con i rivali della Juventus. Poi, a fine match, cene a base di tartufo

Erano gli anni in cui in cui rossoneri e bianconeri spadroneggiavano in Italia e in Europa, si spartivano scudetti e finali di varie Coppe

Luciano Moggi e Silvio Berlusconi (Frame video SkySport)

Luciano Moggi e Silvio Berlusconi (Frame video SkySport)

Milano, 12 giugno 2023 – C’era una volta Silvio Berlusconi contro gli Agnelli. Erano gli anni in cui in cui rossoneri e bianconeri spadroneggiavano in Italia e in Europa, si spartivano scudetti e finali di varie Coppe. Erano anche gli anni in cui il calciomercato lo facevano Galliani e Braida da una parte, Giraudo e Moggi dall’altra. Erano gli anni in cui Milan-Juventus, eterna sfida scudetto del nuovo secolo, terminava nel “ventre“ di San Siro con cene a base di risotto e tartufo. Cui partecipava la “Milano-bene“. E poi dirigenti sportivi, procuratori e arbitri.

La chiamavano Sacra Alleanza, una definizione che piaceva anche al Cavaliere, visto che Milan e Juventus andavano a braccetto per tutta la settimana salvo poi scannarsi, sul campo, nel weekend. E quando non c’era Berlusconi a far da cerimoniere, la scena se la prendevano Antonio Giraudo e Adriano Galliani pronti a far comunella, fra cene nelle Langhe e controcene ricambiate nei succulenti buffet di San Siro dopo le infuocate notturne, “Trofeo Luigi Berlusconi (in pieno agosto) compreso, con decine di illustri commensali sempre in spasmodica attesa di una battuta del Silvio “nazionale“.

Altri tempi, quelli in cui in la “Triade“ bianconera prendeva i campioni autofinanziandosi il calciomercato mentre Berlusconi faceva collezioni di figurine spendendo decine di milioni per accontentare se stesso e i tifosi. Ma le due società erano comunque legatissime. E perciò dopo il novantesimo certi “riti“ andavano celebrati, sempre e comunque. Una tradizione a prova di arbitraggi.

Andavano d’accordo su tutto le due dirigenze, anche perché avevano capito che stare l’una al fianco dell’altra era meglio per entrambe. Sinergie in Lega, fronte comune in Federcalcio, battaglie per spartirsi il bottino dei diritti tv, visioni concentriche per quel che riguardava le gestione del giocattolo pallone, nessuna manovra di disturbo sul mercato. E pochissime polemiche, al massimo qualche simpatica frecciatina sui calendari prima che “calciopoli” sbriciolasse l’antica amicizia.

L’ultima tavolata dei “Poteri Forti", con Berlusconi a far gli onori di casa (prima che scoppiasse più grande scandalo del calcio italiano) risale alla sera del 29 ottobre 2005, dopo un Milan-Juventus terminato 3-1 per i rossoneri. Sembrava il prologo di qualcosa. Era il sipario che si chiudeva sulla “commedia” del pallone. Bastava prestare attenzione ai particolari, soprattutto a una nota stonata su quel tavolo dove transitarono piatti rigorosamente a base di tartufo (flan di spinaci con tartufo, tagliolini con tartufo, filetto con tartufo). Ma il tartufo non era quello di Alba, offerto agli amici commensali nelle consuete cene autunnali lontano da occhi indiscreti. Buono, ma non il pregiato tubero amato da Giraudo, a quel tavolo con Berlusconi, Galliani, Braida, Moggi, Gai e Capello.

Quella cena sembrò il preludio del passaggio dell’ad bianconero (con o senza Moggi) o di Moggi (con o senza Giraudo) al Milan. Di sicuro era l’ennesima celebrazione dell’asse fra i due club. Certo, poi le due società avevano diversi modi di lavorare, di gestire l’ordinaria amministrazione in casa propria: i dirigenti del club sabaudo dovevano arrangiarsi (il motto era «vendere e vincere») senza poter toccare il salvadanaio degli Agnelli, mentre Galliani poteva rivolgersi a Silvio Berlusconi e attingere dalla cassaforte di Arcore, almeno fin quando il Cavaliere e i suoi figli dissero «basta così».

Erano altri tempi davvero, nelle similitudini e nelle differenze. Ma erano pure i tempi in cui Berlusconi ordinava a Galliani di prestare (quasi gratis) Abbiati ai rivali (visto che Buffon si era lussato una spalla nel trofeo estivo a San Siro). Insomma, non solo sgambetti in campo, dove i tre punti venivano prima di tutto, ma anche solidarietà e pacche sulle spalle all’esterno.

Funzionava così, in nome e per conto di un vecchio adagio berlusconiano secondo cui «i nemici ogni tanto conviene trattarli da amici per tenerli a bada». Passione e interesse dovevano andar di pari passo, così era più facile convivere e fare affari. Ma erano altri tempi proprio perché Berlusconi poteva convocare Moggi a Palazzo Grazioli e offrirgli un posto nell’ex sede (quella storica) di via Turati. Non se ne fece nulla, ma forse fu proprio quella mossa azzardata a scatenare invidie, gelosie, malumori. Tradotto in una parola, Calciopoli. Perché dal maggio 2006 molte cose sono cambiate e le strade dei vecchi amici che componevano la Santa Alleanza si sono separate.

Finì come tutti sappiamo: la Juventus in B, Capello a Madrid, Moggi scrittore a sospettare che tra le manine che avevano spinto giù dal monte la valanga di intercettazioni ce ne fosse pure una rossonera. E poi Giraudo a Londra, in esilio silenzioso. Galliani, solo sfiorato dalla vicenda, rimasto al suo posto, fino al 2017. L’anno in cui Berlusconi decise di salutare tutti e vendere ai cinesi. Senza però dimenticare le cene a base di tartufo e culatello. Quelle del Potere in tavola.

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