
Il ponte Alexander Langer che collega viale D’Annunzio e viale Gorizia
Milano, 28 luglio 2025 – Quella serra bioclimatica va smontata e rimossa, con ripristino immediato della terrazza con vista sulla Darsena alle condizioni precedenti. Non lascia troppo spazio alle interpretazioni la sentenza del Tar che ha ordinato a una donna, proprietaria di un immobile in zona Navigli, di demolire il manufatto, incompatibile con il vincolo paesaggistico che tutela l’intera area dal 1994.
Nelle motivazioni, la via in cui è ubicato lo stabile è stata omissata dai giudici (così come il nome della residente), ma le indicazioni su fogli catastali e particelle mappali la collocano proprio a ridosso dello specchio d’acqua delimitato da un lato da viale Gorizia e dall’altro da viale D’Annunzio. Una zona interamente protetta da una legge regionale varata il 30 dicembre di 31 anni fa.
Cos’è
La storia inizia l’11 novembre 2022, quando la donna presenta al Comune una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) per realizzare una serra bioclimatica sulla terrazza di casa. Cos’è? Una struttura metallica in acciaio e alluminio che poggia su una parete dell’abitazione, preferibilmente in coincidenza di finestre o porte. Una sorta di veranda, per intenderci, che con la sua particolare conformazione incide anche sulla temperatura interna dell’abitazione e favorisce il risparmio energetico.
Oltre alla Scia, la proprietaria avanza anche una richiesta di autorizzazione paesaggistica, ben conoscendo i vincoli che proteggono il palazzo in cui dimora. Il 23 agosto 2023, Palazzo Marino accorda il placet, tanto che la signora dà il via ai lavori. Peccato che ventidue giorni prima la Soprintendenza Archelogia, belle arti e paesaggio della Città metropolitana abbia già dato parere paesaggistico negativo alla realizzazione della serra.
Retromarcia
A quel punto, l’amministrazione torna sui suoi passi: il 2 ottobre, la direzione specialistica Attuazione diretta Pgt notifica al tecnico ingaggiato dalla donna il provvedimento di revoca del precedente permesso; l’8 gennaio 2024, arriva pure il provvedimento di diniego definitivo del permesso paesaggistico. Nel frattempo, però, la serra è comparsa sulla terrazza. Così l’8 maggio 2024 viene emessa un’ordinanza di “ripristino dello stato dei luoghi”.
Il ricorso
Un’ordinanza che la proprietaria dell’abitazione impugna al Tar, sostenendone l’illegittimità in quanto basata “sull’erroneo presupposto che l’intervento sia stato realizzato senza titolo edilizio”. Una tesi respinta al mittente dai giudici, che hanno stabilito che “la revoca dell’autorizzazione paesaggistica in precedenza rilasciata e il successivo diniego definitivo di tale autorizzazione devono considerarsi atti efficaci e ormai non più impugnabili”. Con questa premessa, “diviene agevole rilevare che la serra bioclimatica oggetto del presente giudizio deve considerarsi realizzata in assenza di autorizzazione paesaggistica”.
Il punto
Del resto, argomenta il collegio presieduto da Maria Ada Russo, “il titolo edilizio non “assorbe” l’autorizzazione paesaggistica”; e quindi “la presenza del primo non impedisce all’amministrazione preposta alla tutela dell’interesse paesaggistico di intervenire, esercitando il potere previsto dall’articolo 167 del decreto legislativo 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ndr), per tutelare tale interesse qualora l’intervento sia stato realizzato in assenza della seconda”. Applicando questi principi al caso specifico, si conclude che, “anche ammettendo che la Scia sia ancora efficace nonostante l’assenza dell’autorizzazione paesaggistica, ciò non impedisce comunque all’amministrazione di intervenire per la tutela del solo interesse paesaggistico”.