
La Regione aveva sospeso i riconoscimenti con la nuova procedura, proprio in attesa della scelta del Tar (Archivio)
Milano, 16 settembre 2025 – Stop alla corsia veloce aperta dieci mesi fa dalla Regione per riconoscere specializzazioni ottenute all’estero e facilitare così l’ingaggio di medici stranieri per far fronte alla carenza di specialisti che, in alcune discipline in particolare, “affligge tutta l’Europa”, ricordò all’epoca l’assessore lombardo al Welfare Guido Bertolaso.
Ricorsi accolti
Il Tar della Lombardia, con una sentenza pubblicata ieri, ha accolto in parte i ricorsi-fotocopia presentati dall’Ordine dei medici di Milano e dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici, annullando la delibera licenziata dalla Giunta lombarda l’11 novembre 2024 che aveva introdotto la procedura semplificata, affidata all’Areu insieme a un’apposita commissione, per l’autorizzazione all’esercizio temporaneo della professione con una qualifica conseguita all’estero in una serie di specialità (poi allungata il 21 novembre con un ulteriore decreto del Welfare): dall’Anatomia patologica all’Anestesia e rianimazione, dall’Oftalmologia alla Dermatologia, dalla Medicina d’emergenza-urgenza alla Pediatria, particolarmente depauperate dalla “crisi delle specializzazioni mediche che nel 2024 ha registrato un elevato tasso di posti messi a bando non coperti”.
Nessun dottore straniero perderà però il posto in un ospedale pubblico o privato accreditato lombardo a causa della decisione dei giudici amministrativi: i riconoscimenti con la nuova procedura erano stati sospesi dalla Regione proprio in attesa dell’esito dei ricorsi.
L’Ordine di Milano e la Federazione avevano impugnato la delibera lamentando, tra l’altro, una “disparità di trattamento” tra medici specializzati in Italia e all’estero, e un’“irragionevole e sproporzionata estensione della procedura semplificata” che, ricordano i giudici della sezione terza del Tar lombardo, è resa possibile da una deroga introdotta in Italia nel 2020 durante la pandemia, poi prorogata con altri interventi normativi fino al 31 dicembre 2027, proprio per “fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario”.
Disciplinando l’esercizio temporaneo delle professioni sanitarie con qualifiche conseguite all’estero all’articolo 15 del dl 34 del 2023 (il decreto “bollette” che ha introdotto anche lo stop ai gettonisti sin qui applicato solo in Lombardia), che istituisce la possibilità di una corsia veloce, da definire a livello regionale nel quadro di un’intesa Stato-Regioni.
Le osservazioni del Tar
Il collegio del Tar presieduto da Richard Goso, nella camera di consiglio dello scorso 19 giugno, ha respinto sia la pregiudiziale avanzata dalla Regione su un difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo sia le contestazioni, da parte dei medici, d’incostituzionalità del provvedimento e di incompetenza di Palazzo Lombardia, che poteva legittimamente adottarlo e anche estendere la deroga ai medici specialisti.
Il problema, secondo i giudici amministrativi, è nella procedura stabilita per il riconoscimento dei titoli, che ha “ecceduto i limiti della deroga e in sostanza introdotto una disciplina alternativa, che oblitera in concreto la verifica sostanziale delle competenze dei professionisti muniti di qualifiche conseguite all’estero”.
In particolare il Tar contesta che la selezione delle specializzazioni alle quali è aperta la corsia veloce sia stata operata “sulla base di una circostanza meramente “numerica””; che nel caso in cui il Paese nel quale il titolo è stato ottenuto non abbia un Ordine o un albo per i medici l’iscrizione ad esso possa essere sostituita da una dichiarazione dell’ambasciata o del consolato italiano; che la verifica della corrispondenza con la preparazione di un medico specializzato in Italia sia “meramente cartolare e teorica, basata sul confronto tra i piani didattici” e in caso di “mancata correlazione” “gli eventuali anni di tirocinio” mancanti possano essere “compensati con generici anni di anzianità di servizio in ospedale riconosciuti nel Paese di provenienza”; che infine il riconoscimento si completi “sulla base della conformità della domanda presentata con lo schema generato sulla piattaforma informatica.
La deliberazione impugnata - contestano i giudici – non si è limitata a derogare ai profili procedurali, in modo da ottenere un più veloce inserimento dei professionisti sanitari stranieri nel sistema nazionale, ma” “ha introdotto una disciplina derogatoria” “permettendo l’esercizio della professione a prescindere dalle verifiche attitudinali, di competenza e di capacità sostanziali prescritte dal legislatore nazionale”.
Per questo il Tar ha accolto il ricorso dell’Ordine e annullato la delibera dell’11 novembre 2024, compensando però le spese legali tra le parti in ragione della “peculiarità e complessità delle questioni trattate”.