Senago, omicidio Giulia Tramontano: dopo il delitto l’auto di Alessandro Impagnatiello era pulita e profumava di deodorante

Le verifiche sulla ricostruzione con testimonianze e telecamere. Accertamenti sugli spostamenti del cadavere e il numero di colpi alla compagna 29enne incinta. Il reo confesso: “Il topicida? L’ho preso per questioni di lavoro”

Carabinieri nella casa dell'omicidio di Senago

Carabinieri nella casa dell'omicidio di Senago

Milano – Ricostruire con esattezza gli spostamenti del cadavere e mettere in relazione quelle tempistiche con i movimenti del killer e delle persone a lui più vicine, con l’aiuto di testimoni e immagini delle telecamere di videosorveglianza.

Capire per quanto tempo il corpo di Giulia è rimasto nell’intercapedine di via Monte Rosa, dov’è stato ritrovato nella notte tra mercoledì e giovedì della scorsa settimana. Individuare elementi in grado di sostenere l’ipotesi della premeditazione, che non ha retto all’esame del gip e che però potrebbe essere rafforzata con gli esiti degli accertamenti investigativi ancora in corso (anche sulle due bustine di topicida che Alessandro Impagnatiello ha riferito di aver comprato per "questioni legate al mio lavoro"), in vista della richiesta di processo con rito immediato che la Procura intende presentare a inchiesta conclusa.

Sono i fronti battuti nelle ultime ore dai carabinieri della Omicidi del Nucleo investigativo nell’inchiesta sul delitto di Senago, che ha già un assassino reo confesso: l’ormai ex barman trentenne dell’Armani hotel. È crollato esattamente sette giorni fa, dopo 96 ore passate a cercare di depistare gli inquirenti e a raccontare bugie per accreditare la pista dell’allontanamento volontario della compagna Giulia Tramontano. Prima davanti al pm Alessia Menegazzo e poi davanti al giudice Angela Minerva, ha riferito di aver accoltellato a morte la ventinovenne incinta al settimo mese, seppur con versioni parzialmente diverse, passaggi poco verosimili e tempistiche ritenute non corrispondenti alla realtà.

I rilievi degli specialisti della Sis hanno trovato riscontri alle sue parole sul raid letale e sulle fasi immediatamente successive: le tracce di sangue evidenziate dal luminol hanno confermato che l’assassinio è avvenuto tra la cucina e il salotto (più evidenti le macchie nella seconda stanza) e che poi il corpo è stato trascinato in bagno, dove Impagnatiello ha provato a bruciarlo nella vasca con alcol e accendino. Anche le tracce – ripulite ma ugualmente intercettate dalla strumentazione tecnica dei militari – sul pianerottolo, sulle scale condominiali, in garage e in cantina hanno dato la prova che il corpo è stato spostato in tutti i luoghi indicati dall’uomo. Detto questo, non convince in particolare la tempistica dell’ultimo trasporto, quello dal box al bagagliaio della T-Roc bianca e da lì dietro la fila di box di via Monte Rosa.

L’autopsia, che verrà effettuata alle 8 di domani, servirà a chiarire pure questo punto: se il cadavere è stato nell’intercapedine soltanto un giorno, come ha affermato Impagnatiello, o se invece ci è rimasto per 48 ore, come fa ritenere il fatto che già martedì mattina l’auto del barman era perfettamente pulita e profumava di deodorante. Un accertamento molto importante per il lavoro degli investigatori, che poi proveranno a incastrare in quel range temporale (anche con l’aiuto di testimonianze e immagini delle telecamere) i movimenti dell’uomo e dei suoi familiari, così da avere la definitiva conferma (in linea con quanto emerso finora) che nessuno lo abbia aiutato in qualche modo nei giorni trascorsi tra l’omicidio e il ritrovamento del corpo.

L’esame è indispensabile anche per individuare il numero esatto di colpi inferti da Impagnatiello, che può fare la differenza per l’eventuale contestazione dell’aggravante della crudeltà: la prima ispezione del medico legale ne ha rilevati tre, due alla gola e uno al petto, ma c’è da considerare che alcune parti del cadavere erano coperte da sacchi di plastica, pellicola trasparente, nastro adesivo e brandelli di vestiti. Infine, le ferite verranno confrontate con l’arma del delitto indicata dal trentenne, un coltello di circa dieci centimetri con manico nero ritrovato a casa in un ceppo con altre quattro lame.

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