
A destra una mappa dell’ospedale San Paolo: la riqualificazione procederà per blocchi, cielo-terra
I cantieri "preliminari" dovrebbero aprire tra circa un anno, nella prima metà del 2026. Potrebbe sembrare molto tempo se non parlassimo della megaristrutturazione dell’ospedale San Paolo, che il presidio di riferimento del Sud-Ovest di Milano attende da qualcosa come tre lustri. Una telenovela condivisa con l’ospedale dell’Ovest, il San Carlo Borromeo, da prima che, nel 2016, si unissero in una sola Asst (Azienda socio-sanitaria territoriale): anni in cui i due giganti di periferia hanno arrancato tra rattoppi, allagamenti e crolli di controsoffitti mentre i milioni stanziati da Roma lievitavano di fondo di rotazione in fondo di rotazione ma solo sulla carta, talora virtualmente dirottati su progetti anche esiziali (la vecchia Ilspa voleva decapitare sette piani su undici del Borromeo), o faraonici come l’"Ospedale dei Santi" da costruire su un’ex cava confiscata alla mafia per non meno di 500 milioni: in auge due direttori generali e due assessori regionali fa, è tramontato dopo la pandemia.
Adesso invece si prospetta concretamente l’avvio della riqualificazione massiva del San Paolo (a parte il pronto soccorso, finito in tempo per il Covid dopo dieci anni di lavori), presentata ieri da Simona Giroldi, direttrice generale dell’Asst dei Santi dal 2024: ha trovato un progetto risalente al 2021, titolare di un finanziamento ministeriale da 55 milioni (più 5 per acquistare apparecchiature) per ristrutturare in otto anni circa 25mila metri quadrati del corpaccione a forma di H dell’ospedale della Barona "che non includevano, ad esempio, l’area delle Malattie infettive". E ha chiesto alla Regione una cinquantina di milioni in più – 20 per adeguamento costi, 15 per aggiungere 4.500 metri e altri 15 per "opere propedeutiche" –, di cui 35,2 sono arrivati con la megadelibera di lunedì. Il piano rivisto da Giroldi prevede di chiudere il cantiere in 5 anni anziché 8 e "minimizzare i disagi procedendo non più per piani, ma cielo-terra per blocchi", con un tetris di trasferimenti temporanei e accelerando quelli di servizi che devono andare sul territorio. Il nuovo progetto prevede, oltre all’adeguamento normativo (anche antincendio), materiali eco-compatibili e luce naturale, la riqualificazione di 468 posti letto (in stanze da massimo due, tutte col bagno), 11 letti Infettivi, 122 nuovi ambulatori, 9 nuove sale endoscopiche concentrate in una "piastra" al piano -2 dei blocchi A e D, tre nuove sale operatorie per Day Surgery. È stato ripensato per eliminare problemi strutturali dell’ospedale classe 1979, puntellato negli anni con interventi che hanno prodotto "frammentazione" e "sovrapposizioni disorganiche" di attività sanitarie e amministrative: il San Paolo da riconsegnare a metà 2031 avrà le degenze ai piani alti e il “day” in basso, abbattendo il tempo medio dei percorsi ambulatoriali da 8,5 a due minuti anche grazie alla destinazione del blocco C (quello centrale) ad attività sanitarie "per consentire spostamenti orizzontali riducendo la necessità di ricorrere agli ascensori". La chiave di Sol sono le "opere propedeutiche", che dovrebbero partire per prime: la piastra endoscopica, il trasferimento della dialisi al piano -2 del Blocco D e la creazione di 37 nuovi ambulatori al piano R (quello dell’ingresso principale salendo da via di Rudinì) del B, al posto di Ragioneria, Risorse umane e Direzione generale dell’Asst, che saranno concentrate nelle palazzine del San Carlo.
E il Borromeo, l’ospedale non universitario dell’Asst, che ha 12 anni più di suo fratello oltre a stanze quadruple o doppie senza bagno? Nel megapiano di edilizia sanitaria da 1,7 miliardi licenziato da Palazzo Lombardia a fine 2021 in cui i milioni per il San Paolo furono aumentati a 55 più 5, per il San Carlo ne erano previsti più del doppio (124 in edilizia, 16 in attrezzature), ma quei soldi la Regione non li ha ancora stanziati. "Bene la ristrutturazione del San Paolo, non ci si dimentichi però del San Carlo, inaugurato nel lontano 1967, e delle molte sedi dei servizi territoriali dell’Asst - ragiona Andrea Pinna, della Cgil Fp dei Santi -. La trasformazione urbanistica della zona San Siro deve trovare risposte di salute adeguate ai bisogni dei nuovi residenti".