GIULIA BONEZZI
Cronaca

L'amara scelta di Emanuele: “Ho dovuto vendere una casa per dare a mia moglie un posto dignitoso in una Rsa”

Da sei anni e mezzo, ogni lunedì e ogni giovedì, va a trovare la sua compagna di vita in quella struttura dell’hinterland di Milano: “Le porto i succhi di frutta”. Il racconto: “Ho dovuto vendere un piccolo nido che avevamo in montagna. Poi ho usato i miei risparmi”

Emanuele Ceccarelli

Emanuele Ceccarelli

Milano – Lo dice in un modo così naturale, Emanuele Ceccarelli, che a uno un po’ distratto il particolare potrebbe sfuggire, eppure questo signore s’è dovuto vendere una casa per sostenere i costi di un ricovero “dignitoso” per sua moglie in una Rsa del Milanese. E non sono certo i soldi la sua principale preoccupazione, quando racconta, nella testimonianza all’osservatorio sulla non autosufficienza e le Rsa della Fnp Cisl, la sua quotidianità di pensionato da quando, sei anni e mezzo fa, “ho dovuto ricoverare mia moglie per Alzheimer in una struttura del Milanese”.

Anzi, da prima, ché quel ricovero, che ha chiesto dopo aver ottenuto l’accompagnamento per la moglie, affrontando tutta la trafila burocratica, “i documenti”, è arrivato solo “dopo un’attesa di circa un anno e mezzo dalla domanda, perché non c’erano posti. Poi mi hanno chiamato e l’hanno ricoverata”. La sistemazione in quella Residenza sanitaria assistenziale “è dignitosa. È solo un po’ pesante il pagamento della retta, intorno ai duemila euro al mese – racconta il signor Emanuele –. Tra l’accompagnamento e la sua pensione, lei ha circa mille euro. Gli altri mille li metto io”. E per farlo, “per sopperire” dice Emanuele, all’inizio ha sacrificato un pezzo di quella vita insieme che s’era già perduta nei ricordi di lei, lavati via dalla malattia: “Ho dovuto vendere un piccolo nido che avevamo in montagna. Poi ho usato i miei risparmi”.

L’importante, per Emanuele, è che la sistemazione di sua moglie sia “dignitosa”. Quello che gli “strazia il cuore” non è aver perduto la casina in montagna, ma vedere lei ridotta pelle e ossa, “che non parla, non capisce, non può mangiare niente di solido, la alimentano con una grande siringa....” Da sei anni e mezzo, ogni lunedì e ogni giovedì, il signor Emanuele va a trovare sua moglie in quella Rsa dell’hinterland: “Le porto i succhi di frutta”.