Pestaggi al Beccaria, l’email di una madre alla direttrice: "Mio figlio ferito". E un medico denunciò

Le drammatiche testimonianze agli atti delle inchiesta: sono stato picchiato dagli agenti almeno dieci volte, era la normalità

Carcere Beccaria di Milano

Carcere Beccaria di Milano

Milano – La denuncia di una madre sul figlio "ammanettato e picchiato", rimasto "solo e impotente" per "attimi terribili". La risposta di poche righe dell’allora direttrice del carcere minorile Beccaria di Milano, Maria Vittoria Menenti, arrivata il 10 gennaio 2023, per informare la donna che erano "state poste in essere le attività previste nel caso specifico".

C’è anche lo scambio di email tra la madre del giovane detenuto e l’allora direttrice, indagata per presunte omissioni, agli atti dell’inchiesta sulle presunte torture e violenze al Beccaria che ha portato all’arresto di 13 agenti della polizia penitenziaria e alla sospensione dal servizio di altri 8. "Ciò che è successo è gravissimo in quanto ci si aspetta che i ragazzi detenuti siano trattati con umanità (...) mio figlio quel giorno malato è stato ammanettato e picchiato (...) l’impronta dell’anfibio era ancora sulla sua testa quando è giunto in pronto soccorso. I segni della psiche no, quelli non si cancellano con dei giorni di prognosi! Da genitore soffro al pensiero di come si sia sentito in quegli attimi terribili, solo, maltrattato e impotente", sono i passaggi dell’email inviata dalla madre del detenuto il 2 gennaio 2023, all’indirizzo dell’allora direttrice. Il figlio, durante una videochiamata, le aveva raccontato di aver subito un pestaggio da agenti il 22 dicembre 2022. Sentita nel giugno 2023, la donna ha spiegato ai pm che il figlio le raccontò che quel giorno era arrivata anche la direttrice, perché "aveva sentito urla" e "loro", ossia gli agenti, "si sono bloccati, ma lei lo ha visto ammanettato, li ha ripresi e lo ha portato nel suo ufficio". La direttrice, stando al verbale della madre, avrebbe detto al giovane, ancora nel carcere minorile ma che aveva da poco compiuto 18 anni, "che era suo diritto denunciare". Cosa che, in seguito, lui ha fatto.

Un altro giovane, secondo la testimonianza di una psicologa, avrebbe segnalato ai vertici dell’epoca della struttura di aver subito violenze. "Che gli agenti abusassero del potere era un argomento ricorrente – ha spiegato la professionista ai pm –. Più di una volta alcuni ragazzi mi avevano detto che avevano ricevuto degli schiaffoni". Già il 22 novembre del 2022 una dottoressa, medico per il Servizio dipendenze al Beccaria, aveva segnalato, dopo una visita medica del giorno prima su un minore detenuto, che quest’ultimo "presentava un vistoso ematoma sulla spalla destra" ed "ecchimosi sul lato destro del collo". E che le aveva riferito di essere stato "aggredito da più agenti di Polizia penitenziaria qualche giorno prima". Lo stesso ragazzo le aveva "mostrato la mano destra livida riferendo che gli era stata ripetutamente pestata". La segnalazione, che il medico con lettera intestata aveva inoltrato alla Procura di Milano e alle autorità sanitarie, è agli atti dell’inchiesta. E si riferisce alle violenze subite da un 17enne il 18 novembre di due anni fa e che sarebbero state messe in atto da un gruppo di sette agenti, come poi ricostruito nell’ordinanza che ha portato all’arresto di 13 agenti e alla sospensione di otto colleghi.

Tra le testimonianze raccolte c’è anche quella di un ex detenuto 17enne: "Accadeva così, anni fa nel 2021 è successo anche a me che sono stato picchiato (...) ricordo che è successo circa dieci volte". Il ragazzo ha parlato anche di agenti "alterati dalla cocaina" e di "violenze sessuali" tra minori detenuti. Ieri, tra l’altro, gli inquirenti hanno ascoltato proprio altri giovani vittime di presunti pestaggi e torture, oltre alle otto accertate nell’ordinanza tra autunno 2022 e lo scorso marzo. Si è discusso ieri anche il ricorso al Riesame degli agenti che hanno impugnato l’ordinanza di custodia cautelare a loro carico. La posizione ribadita dai loro legali è che non fu tortura, ma interventi di contenimento di fronte ad atteggiamenti aggressivi dei detenuti.

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