NICOLA PALMA
Cronaca

Ghonim, studente jihadista. Il corso di Farmacia le bombe con il cellulare e i contatti con l’Isis

Il ventenne egiziano arrestato dall’Antiterrorismo a Montevecchia. L’arrivo in Italia nel 2019, la Statale e i manuali per costruire ordigni. "Volevo capire quel mondo, non farne parte". Indagini su Telegram.

Il ventenne egiziano arrestato dall’Antiterrorismo a Montevecchia. L’arrivo in Italia nel 2019, la Statale e i manuali per costruire ordigni. "Volevo capire quel mondo, non farne parte". Indagini su Telegram.

Il ventenne egiziano arrestato dall’Antiterrorismo a Montevecchia. L’arrivo in Italia nel 2019, la Statale e i manuali per costruire ordigni. "Volevo capire quel mondo, non farne parte". Indagini su Telegram.

Il profilo di Mohamed Ghonim tratteggiato dalle indagini pare perfetto per i reclutatori dello Stato Islamico. Membro di una famiglia integrata, da anni residente a Montevecchia, borgo di 2.600 anime arrampicato su una collina a 442 metri di altitudine nella zona di Merate. Studente universitario di Farmacia alla Statale di Milano. Mai un problema con la giustizia, zero profili social e nessun legame noto con movimenti politici o gruppi di area antagonista: di lui non si trovano foto né tracce on line, a differenza della stragranza maggioranza dei coetanei. Un ritratto che porta a un identikit da insospettabile, in grado di superare a fari spenti i radar delle forze dell’ordine e il costante monitoraggio di personaggi ritenuti a rischio radicalizzazione.

E proprio in quella bolla di anonimato il ventenne egiziano avrebbe alimentato e forgiato il suo estremismo anti-occidentale, spingendosi fino a un punto di non ritorno secondo l’indagine-lampo degli specialisti della sezione Antiterrorismo della Digos di Milano e dei colleghi di Lecco, che hanno lavorato sotto il coordinamento della Direzione centrale della polizia di prevenzione e in stretta sinergia con l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise). Il livello avanzato di preparazione tecnica che il giovane nordafricano avrebbe raggiunto, facilitato dalle nozioni di chimica acquisite nel percorso accademico che aveva intrapreso nell’ateneo di via Festa del Perdono, lasciano pensare che potesse passare all’azione da un momento all’altro, non appena chi l’ha agganciato e indottrinato ne avesse avuto bisogno. Dopo aver acquisito "informazioni qualificate" su una persona che gestiva un canale Telegram di propaganda pro Isis e che usava la piattaforma di messaggistica istantanea per avere contatti con esponenti di Daesh, gli investigatori guidati dal dirigente Antonio Marotta hanno approfondito gli accertamenti sul presunto creatore e amministratore del gruppo virtuale, fino a maturare il sospetto che fosse entrato in possesso del know how necessario per fabbricare ordigni e quindi per essere "attivato" in tempi relativamente brevi.

Da lì sono scattate le verifiche per identificarlo, risalendo così a Ghonim e all’abitazione in cui vive con i genitori a Montevecchia. In Lombardia ci è arrivato nel 2019 insieme alla madre e ai due fratelli minori per ricongiungersi al padre pizzaiolo, dopo aver frequentato l’equivalente di elementari e medie in Egitto. Nei giorni scorsi è andata in scena la perquisizione, che ha portato al sequestro di due manuali in lingua araba, stampati dal ventenne, con il logo della "Fondazione Al-Saqari per le scienze militari" e le indicazioni per la produzione di sostanze tossiche e per l’utilizzo di telefoni cellulari come detonatori di bombe artigianali azionabili a distanza. Insomma, un vero e proprio prontuario per aspiranti terroristi. A quel punto, il giovane universitario è stato arrestato in flagranza, giustificato per la prima volta in Italia dall’articolo 270 quinquies 3 del codice penale, appena introdotto dall’ultimo Dl Sicurezza: "Chiunque – recita la norma di recentissimo varo – consapevolmente si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici micidiali, di armi da fuoco o di altre armi o di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da due a sei anni".

Venerdì il gip del Tribunale di Lecco ha accolto in toto la richiesta della Procura, convalidando il provvedimento e disponendo la misura cautelare del carcere. Stando a quanto emerso, il ventenne avrebbe fatto intendere – con frasi dette a mezza bocca – di essersi avvicinato a quel mondo solo per "capirlo meglio", negando di farne parte e di avere intenzione di diventare "operativo". Tuttavia, a giudicare dal materiale che aveva con sé, Ghonim non aveva solo curiosità per l’Isis e tutto ciò che rappresenta, ma avrebbe sviluppato un’autentica ossessione. Di quell’universo parallelo, la famiglia era completamente all’oscuro, o almeno questa è la convinzione degli inquirenti. Adesso partirà la fase due dell’operazione, che prenderà linfa dalla "significativa mole di contenuti multimediali d’interesse investigativo" rintracciata nel pc e nel cellulare del ragazzo: dai file video di propaganda dell’ideologia e delle attività di Daesh ai documenti di testo e alle immagini "riferibili all’organizzazione terroristica".

E ancora: i poliziotti della Digos hanno scovato "specifica manualistica – in alcuni casi sempre riconducibile allo Stato Islamico – concernente istruzioni di combattimento, addestramento, creazione artigianale di ordigni esplosivi, tipologie di armi e munizionamento da guerra, corsi su esplosivi e armi chimiche, utilizzo sicuro delle piattaforme social web, dei canali di messaggistica e manuali sulle impostazioni e della privacy e anonimizzazione ed occultamento". Non è finita: sotto sequestro anche "alcuni fogli manoscritti, che, a seguito di accurata traduzione, sono risultati contenere appunti di tenore analogo alla documentazione digitale, nonché riferimenti a noti teologi arabi di matrice radicale". Una miniera d’oro ancora tutta da scandagliare. Il lavoro degli agenti dell’Antiterrorismo si concentrerà pure sulle chat Telegram per capire quanti utenti ne facciano parte e per provare a localizzarne il più alto numero possibile, così da valutarne il grado di coinvolgimento e l’eventuale livello di pericolosità.