SIMONA BALLATORE
Cronaca

Le pagelle e l’ansia che generano (anche all’asilo): “Genitori, parlatene. L’errore è un maestro, ma il figlio non è il voto”

La pedagogista Pepe: “La paura di essere giudicati è diffusa”. Oltre 540 docenti a lezione di valutazione evolutiva: si premia il miglioramento

A scuola è tempo di pagelle di metà anno

A scuola è tempo di pagelle di metà anno

MILANO – Febbraio, tempo di pagelle di metà anno. Torneranno da quest’anno i giudizi sintetici (da ottimo a insufficiente) anche alle primarie, ma le scuole avranno tempo fino a giugno per adattarsi all’ultimo cambio di passo: prima dovranno informare bene le famiglie. In questa fase “ibrida“ resta caldo il tema della valutazione, “che ha un valore formativo, al di là delle etichette verbali: è una fase dell’apprendimento”, sottolinea Maria Teresa Pepe, pedagogista, formatrice e counselor relazionale maieutica al Cpp – Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Milano diretto da Daniele Novara, e socia dell’Anpe, l’Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani.

Il momento delle pagelle, al di là di numeri e definizioni, è ancora temuto?

“Molto dipende dall’approccio dell’adulto. A pesare è il fardello del giudizio, soprattutto alla primaria. Ci si dimentica però troppo spesso del valore della valutazione. I bambini per imparare hanno bisogno di sbagliare, Maria Montessori definiva l’errore il “signor maestro“. Ed è così. La valutazione deve servire ad auto-correggersi, a monitorare le fasi di apprendimento”.

Serve un approccio diverso?

“Sì. A cominciare dalle prime verifiche. Al posto dei test d’ingresso possono esserci “prove d’opera iniziali“: coinvolgono il gruppo, guardano i punti di partenza positivi e non solo le carenze, sono estese a più discipline. Sono previste nel “metodo Daniele Novara“ come la valutazione evolutiva che stiamo sperimentando da anni”.

Maria Teresa Pepe, pedagogista, formatrice e counselor relazionale maieutica al Cpp – Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Milano
Maria Teresa Pepe, pedagogista, formatrice e counselor relazionale maieutica al Cpp – Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Milano

Come funziona?

“Tiene traccia degli apprendimenti e raccoglie successi scolastici, vale per le primarie ma anche per le superiori. Se un ragazzo prende 5, 6 e 7, non si fa la media matematica, si tiene conto del miglioramento, della crescita. Accanto c’è una descrizione che dà una restituzione del progresso. Un 4 è difficile da recuperare, un 2 e un 3 sono un macigno per uno studente”.

Si alza bandiera bianca?

“I ragazzi sono attentissimi ai centesimi sul registro elettronico, corrono lì a controllare se la media si è spostata. Ma se non si sposta, nonostante gli sforzi, rischiano di mollare il colpo. Sappiamo quanto pesi la dispersione scolastica in Italia”.

Non si rischia però di abbassare l’asticella? E di proteggere troppo i ragazzi?

“Tutt’altro. La valutazione evolutiva richiede impegno da parte di tutti ed è molto esigente. Non si tende ad abbassare i livelli ma a dare una fotografia più precisa del percorso di apprendimento. Tutti possiamo essere influenzati da etichette, pregiudizi e preconcetti. Con questo approccio, al di là del numero e del giudizio finale, e muovendosi comunque all’interno della normativa, si tiene conto dei diversi passaggi degli studenti, si dà una descrizione degli apprendimenti. Si va a scuola per migliorare, d’altronde: se non si sbaglia non si impara”.

In quante scuole si sta sperimentando la valutazione evolutiva?

“In Lombardia più di 540 docenti hanno partecipato alla formazione sulla pedagogia maieutica e sulla valutazione evolutiva del metodo Daniele Novara. Questo numero dimostra un bisogno dei docenti di essere accompagnati nella gestione della valutazione e un bisogno di rinnovamento. Si è creato un network e supervisioniamo pratiche di lavoro ed esperienze”.

Risultati?

“L’autostima viene rafforzata come pure la motivazione. Non si va a scuola con l’ansia di essere giudicati. Si ricostruisce anche il rapporto con l’insegnante, che non ti guarda con la lente di ingrandimento del giudice. E su questa base si innesta anche il tema dell’autovalutazione e della valutazione tra pari, che aiuta ad essere più responsabili e a conoscersi meglio, accettando limiti e potenzialità. La scuola è una palestra di cittadinanza, non di mere nozioni”.

In tempi di pagelle, un consiglio ai genitori?

“Primo: i figli non sono il voto. Può essere scontato dirlo ma si vive ancora questo momento come un “peso“. Il voto è l’espressione di un percorso. Secondo: la pagella non può rimanere solo sul registro elettronico, deve essere condivisa altrimenti il rischio è che resti un mero indice numerico o un’etichetta senza valore. Leggetela insieme, trovate un tempo dedicato e senza fretta per ascoltare quello che lo studente ha da dire, accogliendo la sua esperienza”.

Si parla spesso di giovani “fragili”, dal suo osservatorio si sente questo tema dell’ansia?

“È molto diffuso e si sta abbassando l’età: ci sono sintomi e situazioni di difficoltà anche nelle scuole dell’infanzia e c’è chi vive con ansia persino l’ora di religione”.

Perché?

“Fa parte un po’ della nostra epoca: spesso dipende dall’approccio dell’adulto, si fa fatica a stare nell’errore. E i dispositivi elettronici non aiutano, tendono a isolare dal gruppo. Il gioco informale, quel “cortile“ che si è perso, è davvero una palestra per gestire relazioni, conflitti, frustrazioni e successi, per conoscersi di più. Andrebbe riscoperto: aiuterebbe a scuola e nella vita”.