SIMONA BALLATORE
Cronaca

La scuola senza voti e senza pagellino divide i docenti: “L’ansia e lo stress hanno altre sorgenti”

Svolta sulle valutazioni dal liceo Tosi di Busto Arsizio al Bottoni di Milano Nigris (Bicocca): richiesta crescente post Covid. Ma i docenti si spaccano: secondo alcuni il malessere psicologico sarebbe da ricercare in altre cause

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MILANO - Via il voto numerico (fino all’ultimo miglio), via la pagella di metà anno. Sono due sperimentazioni incrociate che si stanno diffondendo nelle scuole, sollecitate dagli studenti che da anni chiedono una "scuola meno competitiva" puntando il dito - a colpi di sondaggi - sul malessere psicologico che serpeggia nelle classi. L’ultimo in ordine di tempo a salutare la scheda di valutazione intermedia è il liceo scientifico Bottoni. "Abbiamo preso spunto da un sperimentazione avviata dal professore Ludovico Arte, del Marco Polo di Firenze – spiega la preside Giovanna Mezzatesta – e abbiamo messo d’accordo tutti i docenti, sia quelli che vorrebbero andare incontro agli studenti che si agitano, sia quelli che pensano che così i ragazzi studieranno tutto l’anno e non solo in vista delle due pagelle".

Così è deciso, si comincia già da quest’anno in tutte le classi, anche se alcuni studenti sono stati spiazzati dalla novità e temono il tranello. "Che non c’è", assicura la preside. Sull’addio ai voti numerici non è stata trovata invece la quadra. "Per molti docenti sono la coperta di Linus, cominciamo piano piano da una terza, con il monitoraggio dell’università di Milano-Bicocca e poi vedremo come va". Non arretra il liceo scientifico Tosi, di Busto Arsizio, che porta avanti per il quarto anno entrambe le sperimentazioni che si stanno diffondendo dal Cannizzaro di Palermo al liceo Regina Maria Adelaide di Aosta, dal classico Romagnosi di Parma al Buonarroti di Monfalcone. Al Tosi comincia il quarto anno “senza voti“. "Si lavora per competenze – spiega la preside Amanda Ferrario –, abbiamo ribaltato la metodologia. Usiamo il dibattito, il problem solving, abbattiamo l’ansia da prestazione, non la valutazione, che viene fatta giorno per giorno ed è partecipata". Fino all’ultima pagella. "Il voto lì è ancora richiesto dal Ministero - conferma Ferrario - ma così facendo abbiamo ridotto il tasso di debiti e bocciature, le competenze sono più solide e le prove Invalsi lo dimostrano".

Sono 74 i docenti di 30 scuole di Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Sicilia e Toscana che hanno bussato all’università di Milano-Bicocca per chiedere di essere aiutati nella rivoluzione. "Le richieste ci stanno arrivando soprattutto dalle scuole secondarie di primo grado - sottolinea Elisabetta Nigris, che insegna Progettazione didattica e valutazione e coordina il gruppo di lavoro -, ma anche le scuole secondarie di secondo grado si stanno affacciando. La situazione è esplosa dopo il Covid: si è capito che il voto non è sufficiente per valutare un processo di apprendimento. Le valutazioni sono spesso schiacciate su richieste di tipo ripetitivo, riproduttivo, applicativo, il contrario di quello che richiede una società complessa. Non basta la semplice abolizione delle schede a metà anno, serve un processo accompagnato da feedback continui".

Intanto in altri istituti "si litiga calorosamente sul tema", conferma il preside Andrea di Mario dal classico Carducci, dove il voto formativo ha fatto già capolino con una decina di insegnanti ma sull’addio alle pagelle intermedie "il conflitto resta". "L’ansia e lo stress dei nostri ragazzi hanno altre sorgenti, non il voto a scuola - commenta Mauro Zeni, preside del Tenca e presidente Anp Milano –. Non credo che con un percorso facilitato si faccia il bene dei ragazzi. Cresciamo dal confronto, dalla valutazione degli altri, dal venire corretti negli errori. Serve una valutazione autentica, non una sua abolizione".