REDAZIONE MILANO

Capi scadenti venduti come seta e cachemire made in Italy: oscurati 9 siti di e-commerce

Operazione del gruppo contraffazione della Polizia locale di Milano. Immagini patinate, richiamo a nomi noti della moda e false recensioni per ingannare gli acquirenti

Uno dei siti oscurati dalla Polizia locale di Milano

Uno dei siti oscurati dalla Polizia locale di Milano

Milano, 29 giugno 2025 - Sono nove i siti web di e-commerce che gli agenti del Goac (Gruppo Operativo Anti Contraffazione) della Polizia locale di Milano hanno sequestrato e oscurato con l'accusa di frode, e altrettante le persone indagate.

Commerciavano illegalmente prodotti tessili non conformi per origine e materie prime utilizzate rispetto a quelle dichiarate, perché hanno sfruttato l'"italian sounding", ovvero hanno fatto credere al consumatore che il prodotto fosse realizzato in Italia pubblicizzandolo con denominazioni, immagini o indicazioni evocative del Made in Italy e infine perché hanno sfruttato indebitamente il marchio "TrustPilot" creando false recensioni del noto social network.

Usavano immagini patinate, fotografie soffuse piene di eleganza, modelle e modelli bellissimi ma soprattutto marchi dal suono familiare a chi segue le grandi firme e, grazie offerte dai prezzi competitivi - magari con la scusa di un negozio in chiusura - per vendere online maglie in "cachemire", "seta" o altri filati di pregio confezionati nel rispetto della migliore tradizione del Made in Italy.

Già dallo scorso novembre la Polizia locale indagava su alcuni siti – Bozzi, Matteo Firenze, Veleno Venezia, Milano Vestiti – perché aveva ricevuto la denuncia di una donna che, pensando di acquistare un morbido maglione rifinito a mano, si era invece ritrovata tra le mani un capo informe, mal cucito, con etichette grossolanamente tagliate tranne una, forse dimenticata, sulla quale spiccava la parola viscosa anziché 100% cachemire come dichiarato al momento dell'acquisto.

La maglia, comprata insieme a numerosi altri capi per un totale di 400 euro, era stata acquistata proprio su una di queste patinate vetrine online del lusso made in Italy, pubblicizzate su numerosi social network, corredate di splendide recensioni ma niente nella realtà corrispondeva alle aspettative. I capi d'abbigliamento non avevano niente di Made in Italy né la confezione, cinese, né, a risalire lungo la filiera, come hanno fatto gli inquirenti, l'azienda produttrice o distributrice. Si trattava invece di società lussemburghesi, olandesi, tedesche o del Regno Unito. Persino il marchio e le foto poste sui siti web erano creati per ingannare il consumatore richiamando marchi famosi come Boggi Milano, oppure utilizzando modelli e fotografie del sito web originale di Brunello Cucinelli.

"Si tratta di vere e proprie frodi che danneggiano i consumatori, la filiera produttiva, quella della commercializzazione e chi opera correttamente sul mercato - dichiara Gianluca Mirabelli, comandante della Polizia locale - per questo dedichiamo attenzione e controlli anche al web".