NICOLA PALMA
Cronaca

Giulia Tramontano, il terribile sospetto: il topicida trovato a Impagnatiello serviva per farla abortire

Omicidio di Senago, le analisi sui sacchi, la caccia al cellulare e i dubbi sui familiari: il punto sulle indagini

Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano

Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano

Milano –  C’è un killer reo confesso , bugiardo e manipolatore. L’autopsia ha dato il suo primo, drammatico, responso: Giulia Tramontano è stata colpita almeno 37 volte nella parte alta del corpo. Alessandro Impagnatiello l’ha presa alle spalle, di sorpresa, tagliandole la gola e infierendo con una raffica di colpi: la donna non è riuscita ad abbozzare alcun tipo di reazione. Poi l’assassino ha cercato per due volte di bruciare il cadavere, provocando ustioni così estese da rendere estremamente complicato il compito di datare con esattezza l’orario della morte, collocato in un range temporale compreso tra le 19.05 e le 20.30 di sabato 27 maggio.

Fin qui i paletti fissati dall’indagine coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, andata avanti senza sosta per due settimane: dalla denuncia di scomparsa del 28 maggio alla stazione dei carabinieri di Senago al fermo del barman trentenne il primo giugno, dal sopralluogo di martedì scorso nella casa dell’orrore di via Novella 14/A all’esame medico-legale di venerdì. C’è già un quadro molto solido per contestare l’aggravante della crudeltà, considerato il numero di fendenti sferrati da Impagnatiello alla compagna incinta al settimo mese, di cui ieri pomeriggio si sono svolti i funerali in forma privata nel paese natale di Sant’Antimo.

Ora , però, sta entrando nel vivo la fase due dell’inchiesta dei carabinieri della Omicidi del Nucleo investigativo, coordinati dai colonnelli Antonio Coppola e Fabio Rufino, che punta innanzitutto a raccogliere elementi a sostegno della premeditazione del delitto. Al netto delle ricerche sul web ("Ceramica bruciata vasca da bagno") che il killer ha fatto pochi minuti prima che la ventinovenne rientrasse dall’incontro chiarificatore con la ragazza con cui Impagnatiello aveva una relazione parallela, c’è la questione del veleno per topi. Sei giorni prima dell’omicidio, Impagnatiello ha digitato su un portale on line la frase "veleno topi umano", evidentemente per informarsi sull’effetto che il topicida può avere sugli esseri umani. E due bustine di veleno (che a suo dire si sarebbe procurato per "questioni di lavoro") sono state trovate e sequestrate nello zaino marrone del trentenne.

L’esito degli esami tossicologici sul corpo di Giulia chiarirà se e in quale misura l’assassino le avesse già somministrato il topicida. Gli accertamenti in corso cercheranno di ricostruire dove e quando l’uomo ha acquistato le bustine (facevano parte di una confezione più grande?), con un terribile sospetto sullo sfondo: che Impagnatiello volesse utilizzare il veleno per far abortire la ventinovenne, puntando sull’effetto anticoagulante della sostanza tossica per provocare un’emorragia interna. Tutti accertamenti che non possono prescindere dall’analisi dell’imponente mole di filmati acquisiti dalle telecamere di sorveglianza installate vicino allo stabile di via Novella e lungo i tragitti percorsi da Impagnatiello nei giorni precedenti. Le immagini potrebbero rivelarsi decisive anche per chiarire definitivamente i dubbi sulle persone a lui più vicine e per escludere che qualcuno lo abbia aiutato a pulire le tracce del massacro o a nascondere il cadavere.

I sospetti sono alimentati da diverse circostanze. Un esempio: quando i carabinieri sono entrati per la prima volta nell’abitazione del primo piano, domenica sera, hanno subito percepito un forte odore di benzina. Chi ci è entrato prima non se n’è accorto? Quella puzza non ha generato qualche domanda? E l’alone sulla vasca? E ancora: inizialmente il killer non ha rivelato ai militari dell’esistenza del box, lì dove il corpo di Giulia è rimasto nascosto, secondo la sua ricostruzione, tra le 23 di sabato e le 12.30 di lunedì, prima di essere spostato in cantina e poi nuovamente nel box (per essere infine abbandonato in via Monte Rosa nella notte tra martedì e mercoledì).

Tuttavia, i familiari erano a conoscenza del garage: nessuno ci è andato? Detto che le eventuali condotte di favoreggiamento non possono essere contestate ai parenti stretti, i carabinieri passeranno al setaccio i sacchi di plastica e gli altri involucri che coprivano il corpo di Giulia, con l’obiettivo di inviduare eventuali impronte non di Impagnatiello; se venissero rintracciate, la situazione cambierebbe, perché chi le avesse lasciate rischierebbe l’accusa di concorso in occultamento di cadavere. Da precisare che al momento non è emerso nulla che possa suffragare questa tesi.

Ultima nota per il cellulare di Giulia: nel punto indicato dall’assassino, un tombino alla Comasina, i militari hanno trovato solo documenti e tessere della donna. Mancava lo smartphone, molto più pesante di patente, bancomat e carta di credito. Di conseguenza, è molto probabile che Impagnatiello abbia raccontato l’ennesima menzogna. Dove l’ha nascosto? L’ha distrutto? Ritrovare quel telefono è tutt’altro che secondario: finora gli investigatori hanno letto chat e messaggi della ventinovenne solo attraverso i telefoni degli altri (il compagno, l’amica, l’altra donna). Mai dal punto di vista di Giulia.