Antonio Iannetti ha ucciso lo zio perché aveva tradito la sua fiducia: “Gli volevo bene, ha tramato alle mie spalle”

Delitto di Cesano Boscone, il 29enne resta in carcere. No del gip all’aggravante dei futili motivi: delitto maturato in un contesto di dolore che non ha saputo gestire

Delitto di Cesano: la vittima Roberto Parisi (a sinistra) e Antonio Iannetti

Delitto di Cesano: la vittima Roberto Parisi (a sinistra) e Antonio Iannetti

Cesano Boscone (Milano) – “Io volevo bene alla mia ex compagna e anche a mio zio, eravamo molto legati e proprio per questo ho vissuto come un’ingiustizia quello che lui mi ha fatto. Lui non mi ha mai detto che era dispiaciuto, ma anzi mi ha detto che non era abbastanza quello che mi aveva fatto e che io me lo meritavo".

Sono alcuni passaggi dell’interrogatorio, davanti al gip di Milano Tommaso Perna, di Antonio Iannetti, il 29enne che la notte tra lunedì e martedì ha ucciso con otto coltellate lo zio, Roberto Parisi, a Cesano Boscone. Interrogatorio durante il quale l’uomo ha ripercorso i drammatici momenti che hanno preceduto l’omicidio, sullo sfondo un rancore maturato nel tempo anche per un sentimento di “fiducia tradita".

Parisi, rimasto senza casa dopo la separazione e per un periodo ospite del nipote, aveva infatti allacciato una relazione con la ex compagna di Iannetti. E si erano anche creati contrasti legati ai rapporti con la figlia di Iannetti e della ex fidanzata, rimasta a vivere con la donna. Dissidi pure per motivi di lavoro, perché zio e nipote, avevano condiviso un’attività da “tuttofare“ e serramentisti.

Gli insulti su WhatsApp, quella sera, poi l’incontro a Cesano Boscone per "sistemare la cosa". "Io volevo che lui si scusasse con me – ha raccontato Iannetti –. Lui si è voltato e mi ha dato un pugno. Io ho reagito e ci siamo dati pugni e calci. A un certo punto non ci ho più visto. Mi sono ripreso quando mi sono accorto che avevo una mano insanguinata". Ha negato di aver portato l’arma con lo scopo di colpire il parente, spiegando che quello era un "coltellino d’emergenza per tagliare corde e cinghie", acquistato come strumento da lavoro: "Mi sono ricordato che avevo il coltello e l’ho tirato fuori. Poi ho visto tutto buio". Durante l’interrogatorio, Iannetti ha accusato lo zio di essersi "intromesso mettendomi in cattiva luce con la mia compagna" e di aver "tramato dietro le mie spalle".

Il gip, accogliendo la richiesta del pm Bianca Baj Macario, ha convalidato il fermo e ha disposto la custodia cautelare in carcere, evidenziando pericolo di fuga e di reiterazione del reato da parte dell’uomo che ha dimostrato "incapacità di controllare i propri impulsi violenti". Ha respinto però l’aggravante dei futili motivi collegati alla gelosia, perché "la genesi dell’azione omicidiaria dell’indagato è maturata in un contesto di dolore che egli non ha saputo, evidentemente, gestire in modo adeguato, ma che non può tuttavia essere ritenuto irrazionale o bieco". Iannetti, argomenta il giudice, "aveva legittimamente fatto affidamento sul rapporto di fiducia verso Parisi, così non preoccupandosi del fatto che quest’ultimo potesse sfruttare l’ospitalità ricevuta per allacciare una relazione con la sua ex compagna".

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