Neonato morto, la perizia che accusa il Buzzi: ecco cos'è successo al piccolo Alexander

La ricostruzione degli esperti nominati dal tribunale: la tragedia all'ospedale di Milano si sarebbe potuta evitare

I periti nominati dal tribunale accusano il Buzzi: servivano altri accertamenti

I periti nominati dal tribunale accusano il Buzzi: servivano altri accertamenti

Milano - La famiglia, dopo la morte di Alexander, ha fatto ricorso in sede civile chiedendo che il giudice nominasse due consulenti per accertare la responsabilità dell'ospedale Buzzi. Quello che viene contestato è non aver monitorato il decorso della gravidanza nelle ultime ore, prima del parto. Una morte evitabile, e non imprevedibile per i periti che hanno così riconosciuto la responsabilità della struttura.

I genitori, entrambi trentenni, dopo aver fatto fare ai propri medici di fiducia una perizia di parte, hanno depositato tramite il legale Andrea Marzorati un ricorso in sede civile per ottenere una perizia anche di due consulenti nominati dal Tribunale. L’Accertamento Tecnico d’Ufficio (ex art. 696 bis c.p.c.), infatti, consente in tempi relativamente brevi di ottenere la nomina da parte del giudice di due o più consulenti, per accertare se il medico o la struttura sanitaria siano responsabili e quantificare il danno.

"Nella relazione del Tribunale viene evidenziato che al Pronto Soccorso del Buzzi alla madre venne trovata della proteinuria nelle urine, tuttavia non venne approfondito il quadro. Ed ancora - spiega l’avvocato in una nota -  il controllo pressorio venne effettuato in un arco temporale molto ristretto di soli 40 minuti, con 5 rilevazioni, una ogni 10 minuti, laddove le Linee Guida prevedono tempi molto più lunghi".  La durata dell’osservazione è stata quindi breve in relazione al dubbio diagnostico.

I periti del Tribunale concludono confermando la responsabilità della Struttura sanitaria: "La condotta doverosamente prudente omessa (prolungamento del periodo di osservazione, eventuale accesso pomeridiano al Pronto Soccorso o il giorno successivo, accertamento della reale entità della proteinuria) avrebbe consentito, in termini di ragionevole probabilità e certamente secondo il criterio, proprio della responsabilità civile, del “più probabile che non”, di intercettare – attraverso il ricovero ospedaliero – l’evoluzione sfavorevole del quadro clinico materno, evitando il verificarsi di un quadro di distacco severo di placenta e quindi, in ultima analisi, il gravissimo quadro di encefalopatia ipossico-ischemica del neonato e, di conseguenza, la morte di Alexander".

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