Ucciso in monopattino, Giuseppe D’Amico ammette: ero ubriaco e drogato. Non vedevo

Milano, il pirata aveva anche pensato di scaricare la colpa dell’incidente sull’amica che era in auto con lui

Giuseppe D'Amico, il presunto pirata della strada, e la scena dell'incidente

Giuseppe D'Amico, il presunto pirata della strada, e la scena dell'incidente

Milano, 13 marzo 2023 - “lo prima dell'incidente avevo assunto sia alcool (birra) che cocaina (...) Ero ubriaco e quindi non vedevo lucidamente (...) Avevo la patente sospesa è vero. È una colpa che mi assumo”. Così Giuseppe D'Amico, il 29enne in carcere con l'accusa di omicidio stradale, omissione di soccorso e guida sotto effetto di stupefacenti per aver travolto e ucciso Juan Carlos Quinga Guevara, 33enne, in monopattino il 10 marzo, ha ammesso le sue responsabilità nell'interrogatorio di ieri, assistito dall'avvocato Fabio Ambrosio, davanti al gip Tommaso Perna, che ha disposto per lui la custodia cautelare.

Recidivo

“La prima volta me l'hanno sospesa per stato di ebbrezza - ha messo a verbale il giovane - A maggio 2022 mi hanno sospeso la patente perché giravo con il permessino che era scaduto. Adesso è revocata. Ero affidato in prova al servizio sociale con obbligo di dimora e divieto di uscire dalle 22 alle 6 del mattino”.

L’amica pronta ad accusarsi

“Ero in panico soprattutto per l'affidamento e soprattutto non credevo di avergli tolto la vita. La ragazza (l'amica che era con lui in auto, ndr) mi ha detto che si sarebbe assunta lei la responsabilità perché sapeva che io ero in affidamento ma nessuno dei due in quel momento aveva compreso la gravità della situazione”. Giuseppe D'Amico ha poi aggiunto che “quando mi ha chiamato la seconda volta, nelle mattinata e prima che mi arrestassero, e mi ha detto che il ragazzo era deceduto io le ho detto che mi sarei assunto la responsabilità perché lei non poteva rovinarsi la vita”.

I testimoni

Agli atti le dichiarazioni dei testimoni che hanno fornito indicazioni sul fatto che ci fosse il 29enne alla guida e non l'amica. “Il ragazzo correndo si allontanava”, ha spiegato il teste. Un amico e collega della vittima, Juan Carlos Quinga Guevara, che lo precedeva sempre su un monopattino, ha raccontato che quella macchina andava “a velocità troppo elevata, mi giravo verso Juan Carlos - ha messo a verbale - e vedevo che lui veniva investito”.

Strisce pedonali

Il giudice, tra l'altro, riguardo alla dinamica dell'incidente e analizzando la normativa spiega che “il ciclista, così come il conducente di un monopattino elettrico, non sono sempre tenuti ad impegnare le strisce pedonali spingendo a mano il velocipede, ma soltanto nel caso in cui, esemplificativamente, sulle strisce pedonali vi siano pedoni o il traffico veicolare sia intenso”. La vittima, infatti, stava attraversando le strisce a bordo del monopattino e, secondo il gip, non aveva l'obbligo di scendere dal mezzo. Se non “sussistano condizioni di intralcio o pericolo per gli altri pedoni o non vi sia traffico intenso”, chiarisce il giudice, ciclisti o persone a bordo di monopattini “non sono tenuti ad attraversare le strisce pedonali tenendo il veicolo a mano”.

Resta in cella

“L'indagato ha ampiamente mostrato di non essere in grado di rispettare alcuna prescrizione e regola di civile convivenza, oltre che giuridica e, prima ancora, di banale umanità”,  scrive il gip di Milano Tommaso Perna nell'ordinanza con cui, accogliendo la richiesta del pm Francesco De Tommasi, ha convalidato l'arresto eseguito dalla Polizia locale e disposto la custodia cautelare in carcere per Giuseppe D'Amico. Il giovane, scrive il gip nel provvedimento, “si è posto alla guida in stato di intossicazione dovuto al pregresso consumo di cocaina e bevande alcoliche e, peraltro, senza essere munito della patente per essergli stata revocata con decreto del Prefetto di Milano”. In più, dopo l'incidente “non mostrando alcuna resipiscenza per la propria condotta - ricostruisce il giudice - si è dato alla fuga, contando sul fatto» che un'amica che era in auto con lui «si sarebbe attribuita la responsabilità di quanto accaduto”. 

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