
SCENE - Anatomia di un crimine
Milano, 23 agosto 2025 – Silvana Damato non era una vittima ad alto rischio. Ex tabaccaia in pensione conosciuta e stimata, donna abituata a una vita ordinaria, fatta di rituali semplici: la colazione al bar, il burraco al Parco Nord con gli amici pensionati, le chiacchiere di quartiere. Una routine che, in termini vittimologici, la collocava senza dubbio tra le vittime a basso rischio, cioè tra quelle persone lontane da contesti marginali, devianza o ambienti pericolosi. E dunque difficilmente esposte ad una fine di quel tipo. Eppure, è stata trovata cadavere nella sua abitazione di Milano. Uccisa probabilmente non da uno sconosciuto, non da un predatore che piomba dal nulla, ma da qualcuno che le era in qualche modo familiare. Silvana è stata trovata parzialmente immersa nella vasca da bagno in vestaglia e biancheria intima: un dettaglio che racconta confidenza ed assenza di percezione di minaccia. Non c’è stata difesa, non c’è stato allarme. Silvana non è stata colta di sorpresa, ma ha aperto la porta al suo assassino.
Per questo c’è stato il sigillo della fiducia tradita. Un dato che, in ottica investigativa, è in grado di ridurre la rosa dei sospettati. O almeno dovrebbe. Il volto tumefatto della tabaccaia non parla solo di violenza, ma di cancellazione. Colpire gli occhi, la faccia, significa annientare l’identità, togliere a chi guarda la possibilità di esistere. È rabbia di prossimità, che nasce da un link stretto, mai da una mano estranea. Il corpo immerso in acqua non è una cornice secondaria: è un tentativo goffo di cancellare le prove. Chi ha immerso Silvana, probabilmente dopo averla uccisa, ha creduto che l’acqua potesse lavare via il Dna.
Ma il lavaggio compromette quantità e qualità, non annulla la scienza. L’acqua qui è solo il teatro di un depistaggio maldestro. Nessuna delle ferite è risultata mortale, neppure il taglio alla gola. Non un fendente qualsiasi, ma un marchio. Il marchio di chi ha voluto fino a quando poteva respirare e parlare. La gola è il centro del respiro, della voce, della comunicazione: reciderla significa possedere la vita fino all’ultimo istante. C’è poi un altro dettaglio non trascurabile. La porta era chiusa a più mandate e le chiavi sono sparite.
Elementi che raccontano un altro capitolo, la parte post delittuosa. Non l’impeto, ma la gestione del tempo. I tossicologici diranno se c’è stata una sedazione prima dell’aggressione per mezzo di farmaci, alcol, veleni. Anche questo sarebbe un segno di controllo totale, di regia dell’azione. Silvana non è morta per caso. Non era una vittima vulnerabile. E proprio questo rende il giallo più atroce.