MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Matteo Barone travolto e ucciso in via Porpora, la disperazione della madre Eva: “Mio figlio era tutta la mia forza”

Morto a 25 anni. “Viveva per la musica, mi diceva ‘sogno quello che non c’è sui libri’”. Scarcerato Giusto Chiacchio, il poliziotto che lo ha investito positivo all’alcoltest: il giudice esclude il pericolo di reiterazione

Matteo Barone con la madre Eva

Matteo Barone con la madre Eva

Il giudice di Milano Roberto Crepaldi ha convalidato l’arresto ma ha disposto la scarcerazione per Giusto Chiacchio, il poliziotto di 26 anni – detenuto a Bollate – accusato  di omicidio stradale per aver investito e ucciso Matteo Barone, di 25 anni, che stava attraversando sulle strisce pedonali in via Porpora lo scorso sabato 6 settembre L’agente, libero dal servizio, era risultato positivo all’alcoltest sebbene già sottoposto da tempo, in via amministrativa, a sorveglianza sanitaria per una precedente “intossicazione etilica”. Per il giovane in divisa, per il quale la procura aveva chiesto la convalida dell’arresto e la custodia in carcere per il pericolo di reiterazione (escluso dal giudice) la patente resta sospesa. “Se si considera che l’indagato – al netto  della sua appartenenza alle forze dell’ordine – è soggetto incensurato, ha tenuto un contegno ampiamente collaborativo in sede di udienza di convalida e che in conseguenza del sinistro si provvederà indefettibilmente alla sospensione della patente di guida, appare evidenza l’insussistenza di qualsiasi pericolo di reiterazione di condotte analoghe” scrive il giudice per le indagini preliminari Crepaldi.

Milano, 9 settembre 2025 – “Se mio figlio fosse qui adesso, di sicuro ci direbbe ‘ma che state facendo? Cosa sono tutti questi fiori in strada? Non mettetemi in imbarazzo’. Ci starà prendendo in giro, dovunque sia, vedendoci piangere. Ma le lacrime scendono da sole: Matteo era la mia forza”.

Seduta su una sedia prestata da un negoziante, Eva guarda davanti a sé un palo della segnaletica in via Porpora all’altezza di via Adelchi: man mano che i minuti passano, questo angolo a bordo strada si riempie di fiori, messaggi e fotografie lasciati da amici e sconosciuti. Eva K. è la madre di Matteo Barone, il venticinquenne travolto e ucciso sabato all’alba mentre attraversava sulle strisce pedonali da un’Audi guidata dal poliziotto Giusto Chiacchio, non in servizio, di 26 anni.

Il giovane è stato sbalzato a 38 metri di distanza atterrando su quella lingua d’asfalto che ieri pomeriggio la madre ha scrutato per un’ora. “Nella mia mente lo vedo, mentre attraversa”.

E cosa vede?

"Matteo che guarda la strada più volte, prima di scendere dal marciapiede. Mio figlio era attentissimo, prudente al massimo. Una persona molto precisa: se aveva un appuntamento o annunciava quando sarebbe tornato a casa, arrivava spaccando il minuto. Non prima, non dopo. Penso che quell’auto sia arrivata all’improvviso e che mio figlio non abbia potuto fare nulla”.

Abitavate insieme?

"Sì. Io sono originaria della Polonia e vivo in Italia da 30 anni. Matteo è nato a Poggibonsi, poi ci siamo trasferiti a Cecina e a Saint Vincent prima di spostarci definitivamente a Milano quando aveva 5 anni e mezzo. Eravamo legatissimi. Ho scoperto che sui social aveva pubblicato una foto con me, scrivendo ‘Mamma, non amo nessuna come te’”.

Che tipo era?

"Viveva per la musica. Non è mai stato portato per lo studio, ricordo che a un colloquio un’insegnante mi disse ‘Signora, io adoro suo figlio, è un gentiluomo. Però non studia niente’. Era generoso, gentile, portava allegria in un modo tutto suo, amante del black humor. Davanti a questo palo ne direbbe di tutti i colori. Ora, si sta fermando moltissima gente, amici di mio figlio ma anche sconosciuti. Tanti mi abbracciano, ci mettiamo anche a ridere ricordando aneddoti come questo della scuola. In un momento del genere, Matteo riesce a portare comunque allegria. Non è poco: nella disperazione in cui sono crollata, mio figlio mi manda comunque un appiglio, con questi ricordi e tutto l’affetto di chi gli ha voluto bene ora riversato su di me. Mi fa stare bene anche sapere che tanti di questi ragazzi che ora mi consolano ascoltano le sue canzoni”.

Le ascolta anche lei?

"Sì. Mio figlio aveva tanto da dire e comunicava con la sua musica. Io gli proposi di iscriversi al conservatorio ma lui mi rispose che la musica ce l’aveva dentro, voleva esprimersi a suo modo. Studiare non gli piaceva, ha frequentato l’istituto tecnico Natta, indirizzo Biotecnologie, ma poi aveva preferito prendere il diploma in una scuola grafica. In una canzone ha scritto ‘Il banco di scuola era il mio letto preferito, sognavo quello che non c’era sui libri’. Aveva lavorato come corriere, prima di dedicarsi a tempo pieno alle sue canzoni. Lì vedeva il suo futuro. Amava anche stare con gli amici, fare serata. Io non mi preoccupavo mai perché era un ragazzo responsabile. Ma me l’hanno strappato via”