BRUNO VILLOIS
Cronaca

L’incubo stagflazione da evitare

Il reddito procapite di Milano rischia di diminuire a causa del caro prezzi e dell'inflazione. L'attrattività della città per grandi gruppi internazionali ha portato a salari più alti, ma il costo della vita supera i guadagni. Il lavoro dipendente è particolarmente colpito. La situazione potrebbe portare a una stagflazione, con aumenti dei prezzi che potrebbero interessare tutto il contesto milanese.

Il reddito procapite di Milano, il più alto d’Italia in percentuale, rischia di assottigliarsi in misura non certo indifferente a causa del caro prezzi, ovvero del ricarico inflattivo che è stato abbondantemente applicato ad ogni genere di prodotto, un po’ meno pressante il ricarico sui servizi. Il grande vantaggio di Milano, e del suo benessere, è sempre più vincolato agli effetti, tutti extra positivi, dell’attrattività; non solo turismo, ma l’insediamento di innumerevoli head quarters di maxi gruppi internazionali che oltre ad assumere italiani, a condizioni salariali ben superiori alla media nostrana e con premi-incentivi motivazionali che da soli possono valere uno o più stipendi di un pari livello di un’impresa italiana, hanno inserito nel contesto milanese dirigenti con al seguito famiglie che a loro volta hanno inserito i figli in scuole sovente straniere pagando fior di rette scolastiche, oltre a una spesa procapite extralarge. Il tema su cui soffermarsi però è quello dei residenti italiani, i quali, in misura superiore ad ogni altra parte d’Italia, sono lavoratori autonomi che dispongono di redditi superiori, e sono in gran misura all’origine del lavoro dipendente del terziario, finanza, commercio, ricettivo.

Ma è proprio la totalità del lavoro dipendente che sta subendo in modo insostenibile il caro prezzi di Milano. È pur vero che in media il salario in città è superiore a quello medio del resto del Settentrione, ma la differenza non è sufficiente a colmare il gap con il costo della vita. Si è creata una situazione che, almeno per un lungo periodo, permarrà pur in presenza di un’inflazione sostenibile sul 2% ma sulla quale c’e un carico di aumenti che si è consolidato nei 18 mesi precedenti in una percentuale che oscilla tra 12 e 30% a fronte di integrazioni salariali, concesse dalle imprese sotto forma di premi, che hanno inciso sul reddito procapite fra 3 e 5%. Il rischio di stagflazione, che già ora si sta manifestando fuori dal centro specie nell’abbigliamento, ma anche alimentare, può allargarsi all’intero contesto. A ridurne l’impatto su commercio e servizi dovrebbe essere il turismo estero, sempre che si mantenga sui livelli del 2023.