SIMONA BALLATORE
Cronaca

Il tramonto del liceo classico? Eva Cantarella non ci sta: “È la nostra storia: salviamolo”

La giurista difende il greco e il latino, oggi scelti da soli il 3% degli studenti lombardi: “I docenti trasmettano la bellezza di discipline che aprono le porte del futuro”

Eva Cantarella, storica e giurista, già docente di Diritto romano e greco alla Statale

Eva Cantarella, storica e giurista, già docente di Diritto romano e greco alla Statale

Milano, 13 febbraio 2023 – Il liceo classico finisce ancora “sotto processo“ in Lombardia: non solo è in crisi anche quest’anno, salvo rare eccezioni (scelto da poco più del 3% degli studenti di terza media), ma rischia di sparire nelle periferie.

Non si riesce a formare una prima all’Omero del Niguarda, resta l’incognita all’Allende, in zona Chiesa Rossa, e al Virgilio di piazza Ascoli. “Santo cielo, Non possiamo permetterlo. Il classico non solo è la nostra storia, siamo noi”: a difendere Greco e Latino è Eva Cantarella, storica e giurista, già docente di Diritto romano e Diritto greco all’Università Statale di Milano.

Professoressa, immaginiamo le lingue antiche e i miti greci al banco degli imputati. Qual è la loro “colpa“? Perché vengono snobbati?

“Sono in pericolo perché non possono essere sfruttati materialmente: si crede che non abbiano relazione col futuro, con quello che farai. Vengono considerati meno importanti e interessanti. Non è affatto così”.

La prova?

“Pensiamo per esempio ai miti: nelle mie lezioni di Storia del diritto, in università, partivo proprio da loro ed era la parte che piaceva di più agli studenti, che li affascinava. Ci si è dimenticati della loro bellezza oltre che della loro attualità”.

Perché salvare Latino e Greco?

“Perché sono i nostri antenati. Vogliamo che i futuri italiani diventino adulti senza conoscere la nostra storia? Io sono sempre sorpresa del fatto che le persone non desiderino sapere da dove veniamo, cosa eravamo, quali sono stati i passaggi chiave, gli anni gloriosi e quelli bui. Non penso solo al Latino e al Greco, ma alle storie e alla Storia, che ha uno spazio irrisorio nei programmi e che dovrebbe essere molto più presente in tutti gli indirizzi. Privarci del classico vuol dire privarci della consapevolezza di chi siamo noi, di come ci comportiamo oggi. C’è poco da fare. Greco e Latino, poi, aiutano molto a comprendere i linguaggi, anche scientifici”.

L’accusa sostiene che sia un po’ d’élite. È classista?

“Non è vero, semmai è il contrario. Le classi sono una creazione sociale, ma partono da un dato, dalla nascita di chi si trova in una situazione o in un’altra, dalla “sorte“: il caso non è necessariamente giustizia. Per alcuni può essere più facile occuparsi di storia antica in “casa“, ha a disposizione letture e strumenti, per altri è più complicato. Ed ecco il compito della scuola e del liceo: cercare di livellare le disuguaglianze, dare una base comune a tutti noi. Sarebbe un’enorme ingiustizia privare di queste materie e di competenze chi non può essere informato in altro modo”.

Però il pregiudizio tra scuola di serie A e serie B c’è ancora. E le seconde generazioni di stranieri difficilmente accedono al classico.

“E invece soprattutto ai nuovi italiani sarebbero utili queste conoscenze storiche: una ragione in più per tenere aperti i classici. Bisogna invitare gli studenti, far capire la bellezza di questo percorso che, in fondo, apre le porte per il futuro”.

È stato così anche per lei?

“Sì. All’inizio in casa mia non si è neppure posto il problema: era scontato che dopo la terza media mi iscrivessi alla quarta ginnasio. D’altronde mio padre era professore di Greco alla Statale. Quando eravamo piccole, il suo compito era fare addormentare me e mia sorella. E invece delle favole ci raccontava i miti greci ogni sera. “Fanno paura“, diceva mia mamma. E invece erano di una bellezza! Ecco, Cappuccetto Rosso non me lo ricordo tanto bene quanto i miti greci, che ho ritrovato al liceo classico e che ho insegnato all’università, a Giurisprudenza. Il liceo classico mi è servito anche a prendere una strada alternativa a un percorso che era dato per scontato dalla società. Dobbiamo tornare indietro negli anni per capire”.

Facciamolo, riavvolgiamo il nastro di questa storia.

“Dopo il Classico le donne studiavano Lettere perché così insegnavano qualche ora al mattino e avevano il tempo per i bambini e per la casa. I miei non hanno mai fatto questo ragionamento, per fortuna, ma quando sentivo questi discorsi schiumavo di rabbia da tutte le parti. Ho scelto Giurisprudenza perché mi apriva la possibilità di fare un altro mestiere, anche se quando mi sono laureata io alle donne non era permesso di diventare Magistrate, vennero ammesse l’anno dopo. Eravamo pochissime a lezione, il 90% dei miei colleghi era maschio. Il Classico mi ha dato la consapevolezza di scegliere il mio futuro, senza restare inchiodata a ruoli”.

Apre ancora tante porte?

“Le apre tutte”.

Come rilanciare allora questo indirizzo, scongiurando il rischio di “estinzione“?

“Credo che una parte fondamentale potrebbero farla i professori delle medie, con la loro capacità di far cogliere agli studenti la bellezza di queste discipline, che non ascolti solo in classe, ma che ti portano a ragionare, a pensare. Ti accompagnano nelle scelte della vita”.