
I murales che ricoprono lo stabile di via Watteau in zona Greco a Milano occupato dal centro sociale dopo l’addio all’edificio di via Leoncavallo
Milano, 16 novembre 2024 – La mattina del 10 dicembre, l’ufficiale giudiziario busserà per la centotrentesima volta in 19 anni alla porta di via Watteau 7 per notificare l’ordinanza di rilascio dell’immobile.
Con ogni probabilità, finirà come lo scorso 28 ottobre e come negli altri 128 precedenti: non ci saranno le forze dell’ordine ad affiancarlo; e quindi non ci sarà lo sgombero dello spazio pubblico autogestito Leoncavallo che dal 1994 ha trovato casa (abusiva) nell’ex cartiera della famiglia Cabassi.
Del resto, il centro sociale fondato nel 1975 è una consolidatissima realtà nel quartiere e nella città, che non genera alcun problema di ordine pubblico. D’altro canto, però, l’elemento di novità introdotto dalla sentenza della Corte d’Appello del Tribunale civile di Milano, che ha condannato il Ministero dell’Interno a pagare 3 milioni per il mancato sfratto, non può essere ignorato.

Il comunicato
“Le associazioni e i collettivi hanno, in questi quasi trent’anni, dato la disponibilità a tutti i soggetti coinvolti per una soluzione del contenzioso. Soluzione che si è avvicinata e allontanata numerose volte. Dal 18 ottobre del 1975 a oggi sono passati quasi 50 anni – il comunicato del Leonka –. Capiamo che le recenti polemiche che accomunano ragazzi e ragazze con le zecche (il riferimento alle parole del ministro Matteo Salvini dopo gli scontri di Bologna, ndr) abbiano un qualche peso.
Tuttavia, nel confermare ogni disponibilità al dialogo, ricordiamo però che della destinazione pubblica di via Watteau non decidiamo noi, né la proprietà privata, né il rappresentante del Governo. Come sempre, decide Milano”. La conclusione non lascia spazio alle interpretazioni: “Dunque, allo stato dell’arte, qua siamo e qua restiamo”.

Al netto della chiosa finale, la soluzione all’impasse potrebbe passare proprio da una trattativa tra Comune e proprietari. Una trattativa che in epoca Pisapia sfumò sul filo di lana dopo un’ipotesi d’intesa fondata su una permuta di edifici. Al momento, né il sindaco Giuseppe Sala né il Pd sono intervenuti sulla vicenda. Per Giulia Pastorella, capogruppo dei Riformisti a Palazzo Marino, “le alternative sono due: o i Cabassi e i leoncavallini si accordano per trovare una soluzione che riporti alla legalità la situazione o lo spazio va sgomberato”. Il verde Carlo Monguzzi, invece, è convinto che il verdetto del Tribunale sia “l’occasione per fare la cosa rinviata per anni: regolarizzare”.
Dal centrodestra, il capogruppo di Fratelli d’Italia Riccardo Truppo chiama in causa direttamente Sala (“Quante volte hai posto al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica la priorità di sgomberare i centri sociali, in particolare il Leonka?”), mentre il collega di partito ed ex vicesindaco Riccardo De Corato si rivolge al Viminale: “Indichi al più presto, prima del prossimo tentativo di sfratto del 10 dicembre, quali misure intenda adottare per affrontare questa situazione”.