
Telecamera di videosorveglianza Wi-Fi
Milano, 24 giugno 2025 - Ore e ore di registrazioni di vita privata altrui in vendita sul web: un vero e proprio spiare dal buco delle serratura in totale anonimato e senza che le vittime potessero accorgersene. Il tutto attraverso le telecamere di sicurezza installate in abitazioni o in esercizi commerciali. Bastava acquistare i codici d’accesso, in vendita e pubblicizzati sul web, e il guardonaggio/spionaggio elettronico era servito.
Il processo
Cinque esperti informatici di grandi aziende (in alcuni casi installatori di telecamere di domotica) sono stati condannati dal giudice di Milano Cristian Mariani a pene dai 3 anni e mezzo ai 2 anni e mezzo in rito abbreviato, dunque già ridotte di un terzo per la scelta di farsi giudicare allo stato degli atti istruiti dal pm Giovanni Tarzia per i reati di "associazione per delinquere" e "detenzione/diffusione abusiva di codici atti all'accesso a sistemi informatici".
Hackeraggio
In sostanza contribuivano a diffondere in rete (e l'iniziativa era anche pubblicizzata su Internet) le immagini di vita privata hackerando le telecamere di sorveglianza installate nelle case private o in esercizi commerciali, "deviandone" le immagini su server esterni, e rivendendone in chat in tutto il mondo le credenziali (nome utente e password) di accesso ai momenti più intimi di ignare vittime.

Le vittime?
"La difficoltà processuale - spiega "Il Corriere" che ha dato la notizia - sta paradossalmente proprio nell'assenza in aula delle migliaia di parti lese, non identificabili (nei fotogrammi carpiti alla loro vita privata, quotidiana, intima) perché esse stesse ignare di essere state violate nella propria privacy domestica: il che fa sì che ad esempio il reato di "accesso abusivo a sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza" (615 ter) non sia procedibile senza querela delle vittime.
Il sistema
Nella prima fase la rete di telecamere connesse online viene scandagliata in Internet da programmi informatici che catturano le credenziali di accesso non cambiate o non aggiornate dagli utenti (o addirittura lasciate identiche alle impostazioni di default).
La catalogazione
Una volta preso il controllo del flusso di immagini, la seconda fase è una vera e propria catalogazione per genere, per tipo di luogo, e per appetibilità di scena.
La vetrina online
La terza — che si sviluppava su una apposita chat creata sul social russo "VKontakte" — è la messa "in vetrina" online di questa "merce", in modo da scambiarla con altre password per collezionisti o da pagarla in criptovalute, peraltro a prezzi popolari che danno l'idea dell'enorme offerta (50 password a 10 euro nel caso milanese).