Quando il lavoro fa star male: attacchi di panico, disturbi sessuali, ansia. La mappa del disagio

Un impiegato su tre lamenta difficoltà relazionali. La psicologa dello sportello Cisl: "Nuove richieste d’aiuto ogni sette giorni, più colpite le donne e chi ha figli”

Milano, 27 dicembre 2023 – Due figli piccoli, 29 anni, e una situazione lavorativa nella ditta del settore metalmeccanico che sta provocando attacchi di panico, disturbi del sonno e scatti d’ira, con gravi ripercussioni sulla vita familiare. È solo una delle richieste di aiuto arrivate, in questo periodo, allo Sportello disagio lavorativo e mobbing della Cisl di Milano.

Lavoro e disagio psichico (Archivio)
Lavoro e disagio psichico (Archivio)

Le donne: le più colpite

Le rilevazioni sul benessere psicologico in azienda fanno suonare un campanello d’allarme: in media un nuovo accesso ogni settimana, con problemi trasversali ai settori che colpiscono soprattutto le donne, in particolare con figli o genitori anziani da accudire. "Emerge un disagio profondo – spiega la psicologa Federica Piacenza, responsabile dello sportello – e i sintomi che stiamo rilevando sono di diverso tipo ma sempre preoccupanti". Malattie psicosomatiche, disturbi sessuali e dell’apparato gastrointestinale dovuti allo stress, burnout, attacchi d’ansia, problemi di insonnia e incubi legati alla situazione lavorativa, tachicardia, comportamenti ossessivi, fino alla depressione e al senso di "inutilità" e di perdita di senso delle azioni quotidiane.

Un fenomeno al centro anche di un’indagine avviata dalla Cisl di Milano, ancora in corso, sulla base dei casi finiti davanti allo sportello nell’ultimo periodo, quando un ambiente di lavoro malato finisce per ripercuotersi sulla psiche mettendo a rischio la salute mentale. "Il disagio è aumentato e non solo per effetto della pandemia – spiega Federica Piacenza – la questione è capire come intervenire. L’apertura di sportelli di ascolto nelle aziende o l’offerta di pacchetti welfare che comprendono anche cure psicologiche sono un passo avanti. Queste esperienze, che non devono limitarsi a provvedimenti di facciata, sono però finora limitate a poche multinazionali".

L’analisi dei fenomeni

Gli sportelli dei sindacati sono un primo punto di riferimento, anche per orientare verso le strutture pubbliche in grado di offrire un’assistenza. Dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Jointly Balance sul benessere in azienda (creato da Jointly e Modus) emerge che in Italia un lavoratore su tre, il 34%, lamenta problemi relazionali sul luogo di lavoro e chiede supporto.

L’osservatorio ha analizzato, dal 2020 ad oggi, un campione di 500 persone che hanno usufruito del servizio di counseling aziendale, rilevando anche un “ritorno alla normalità“ del disagio: dai problemi legati al lockdown e alla pandemia si è passati a più generiche, ma non meno preoccupanti, situazioni di ansia e stress al lavoro.

"Dai colloqui fatti, con un’analisi aggregata e nel pieno rispetto della privacy - spiega Mauro Tomè, psicologo e presidente di Modus – emerge chiaramente come la gestione delle relazioni sul luogo di lavoro sia uno dei temi principali di chi avvia un percorso di counseling. Per far stare meglio le persone è necessario anche restituire feedback all’azienda e accompagnarla in un processo di maturazione organizzativa; altrimenti, queste azioni di supporto, rischiano di restare fine a se stesse". Le conseguenze, in un’ottica “macro“, sono deleterie anche per le aziende: secondo la World Health Organization, ogni anno, 12 miliardi di giorni lavorativi vengono persi a causa di ansia e depressione, costando una perdita in produttività che equivale a circa un trilione di dollari.

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