"È una notizia molto triste. Ancora più triste, constatare che nessuno sia riuscito a dare a questa mamma una rassicurazione, a renderla consapevole del fatto che sia possibile partorire in segreto e nello stesso tempo in sicurezza per sé e il proprio bambino". La giudice Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, torna a riflettere sul tema dell’abbandono dei bimbi appena nati. Il terzo caso in meno di tre settimane: la mattina di Pasqua, il piccolo Enea è stato lasciato nella Culla per la vita della Mangiagalli, contemporanea “ruota degli esposti“, con accanto una lettera della mamma. Settantadue ore dopo, un’altra donna ha dato alla luce una bambina in un edificio dismesso di Quarto Oggiaro, per poi comunicare agli specialisti dell’ospedale Buzzi e ai carabinieri che non aveva intenzione di riconoscerla. Venerdì sera l’ultimo episodio, purtroppo una tragedia: adagiata sul ripiano esterno di un punto di raccolta di abiti usati tra le vie Botticelli e Saldini, c’era una neonata avvolta in una felpa rossa e un asciugamani giallo. Partorita da pochissimo, con ancora parte della placenta attaccata e il cordone ombelicale parzialmente tagliato. La prima persona a vederla è stato un settantenne che inizialmente l’ha scambiata per una bambola. Ma era il corpicino di una neonata, senza vita.
Tre bimbi abbandonati in così poco tempo, a Milano. Qual è il suo primo pensiero?
"Mi rattrista molto. Però c’è da fare una distinzione: nei primi due casi, i bambini sono stati affidati a chi poteva prendersi cura di loro. È stato loro assicurato un futuro, in questo modo. Lo stesso non si può dire per il caso di via Botticelli dato che la mamma della piccola, o chi per lei, ha scelto di lasciare la neonata in un cassonetto per la raccolta dei vestiti usati. Non sappiamo ancora come siano andate le cose, né quando la piccola sia morta. Di sicuro, però, la donna non ha scelto di partorire in sicurezza né di affidarsi a chi poteva aiutarla. Ed è un diritto per le donne, colgo l’occasione per ribadirlo, partorire in segreto e non riconoscere il figlio dato alla luce. Io vorrei che tutta la società si attivasse, perché tutti noi siamo responsabili".
Che cosa intende?
"La società, in tutte le sue componenti, e parlo dei media, della magistratura, dei servizi sociali e non solo, trasmetta alle donne che c’è questa possibilità: quella di restare nell’anonimato e di affidare ad altri il proprio figlio, consentendogli di vivere. L’impegno deve essere di tutti, perché il messaggio arrivi a ogni donna. L’obiettivo è arrivare ad avere un mondo in cui più nessuno abbandoni un neonato ma lo affidi a chi possa prendersene cura, se non vuole o non può tenerlo con sé".
Per il piccolo Enea e la neonata lasciata al Buzzi, la “nuova vita“ è già cominciata?
"Entrambi avranno una famiglia che potrà dare loro affetto. Per quanto riguarda il piccolo Enea, è stato formato l’atto di nascita dall’ufficiale dello stato civile ed è stata dichiarata l’adottabilità. Si sta quindi procedendo alla valutazione delle coppie per trovare quella più adatta".
C’è una lista?
"Non la definirei lista: semplicemente, sono famiglie che avevano già manifestato la loro disponibilità ad adottare un bambino, al Tribunale di Milano".
E per l’altra bimba?
"Si seguirà lo stesso iter. Entrambi avranno una famiglia e un futuro".