Milano, 7 febbraio 2016 - L'isprirazione arriva dalle atmosfere creative e multiculturali dell’East London. Shoreditch, Hoxton oppure Camden e Brick Lane, quartieri che hanno una storia vissuta, che hanno un’anima e un’energia che si respira, si tocca. Aree che fino a qualche anno fa erano ai margini e con la gentrificazione sono diventate le preferite dei creativi. Così sta succedendo a Lambrate. Via Conte Rosso, via Massimiano e via Ventura. Spazi che in un passato neppure troppo lontano erano negozi di barbieri, macellerie o vecchi Luna park che oggi rivivono come gallerie d’arte, loft e studi di designer. È il nuovo volto di Lambrate, interpretato bene dalla filosofia dell’East Market che ha anche una versione Eat.
Un'idea bella e sperimentale, quella del market, venuta a due giovani creativi: Linda Ovadia e Gianluca Iovine, trentenni che hanno lavorato nella moda. Esperienza unita a quella dei viaggi, tanti, in tutto il mondo. Così, un giorno visitando una vecchia fabbrica metalmeccanica abbandonata, in via Ventura, hanno pensato di ricreare una sorta di londinese Spitalfields. «Le archeologie industriali in tutte le città del mondo si prestano a rivivere dando corpo a idee creative. Così io e Gianluca abbiamo pensato di portare un po’ di East Londra in questa parte di Milano, che casualmente è a Est, un quartiere che ha una storia davvero interessante. Qui ci sono state fabbriche come la Faema del caffè, la Innocenti. Ho visto questi spazi riutilizzati per la prima volta con il Fuorisalone». Perché i primi ad investire in questa parte seminascosta di Milano, che ha un’aria di paese che la rende autentica, sono stati i soci di uno studio di design olandese. Hanno pensato che queste vie potessero rappresentare un laboratorio di sperimentazione. E così hanno consacrato la zona, come il nuovo, anche se embrionale, quartiere dello scouting e del design autoprodotto. Da allora galleristi di fama europea come Massimo Minini o Massimo De Carlo hanno investito in via Ventura e via Massimiano con gallerie di arte contemporanea molto giovane. E se certi spazi raffinatissimi sono quasi dei camei per intenditori, l’East Market di Gianluca e Linda è la più democratica della sperimetazioni. «Aperto a tutti sia come pubblico, sia come partecipanti. Hai una idea? Vuoi venirla a proporre qui? Tu metti la tua creazione o la tua collezione, noi mettiamo lo spazio».
E allora capita di trovare Chiara, la ragazza che intreccia a mano filo coloratissimo o cotone fosforescente per impagliare vecchie sedie anni Settanta. O il collezionista di vinili, quello di una nuova linea di gioielli fatti di legno. Oppure semplicemente incontrare chi ha svuotato il vecchio armadio della nonna e ha trovato tovaglie ricamate a mano. Qual è la differenza con il vecchio mercato delle pulci, con il mercatino vintage di quartiere? L’energia che trasmettono i creativi e davvero la sensazione di essere in un luogo internazionale. Tantissimi gli stranieri, che dalle scuole di moda e di design arrivano a vedere la novità. «Nella versione Eat, che continua un po’ con lo spirito di Expo - dice Linda - si può mangiare food selezionato da ogni angolo del mondo». E l’idea nata solo un anno fa piace, perché ogni fine settimana in cui torna l’appuntamento con East Market il quartiere torna a vivere, e forse con i suoi 150 mila visitatori in un anno, è diventato l’appuntamento più interculturale dopo il Fuorisalone.
di ANNA GIORGI