
Il capannone di via Watteau attuale sede del centro sociale è stato occupato nel 1994
La delibera che autorizza il lancio di un bando per l’affidamento del capannone di via San Dionigi sarà approvata a breve dalla Giunta comunale, possibile già domani o, comunque, entro agosto. Ma chi se lo aggiudicherà dovrà sostenere un investimento iniziale di non poco conto, dovrà infatti anticipare tutte le spese per la bonifica dall’amianto e per la messa in sicurezza dell’immobile ma anche dell’area di pertinenza. L’ammontare della spesa sarà restituita dal Comune solo negli anni, solo a rate, attraverso uno sconto mensile sul canone da corrispondere per il comodato d’uso, il diritto di superficie o l’affitto. Uno schema, questo, che non suscita l’entusiasmo del Leoncavallo, primo destinatario del bando. Ma il centro sociale fa sapere che, nonostante le difficoltà, ci proverà. Parteciperà al bando e non solo: ieri è stata annunciata l’apertura di una raccolta fondi per coprire tutte le spese legate al trasferimento e alla regolarizzazione. Tutte tranne quei 3 milioni di euro – cifra monstre, del resto – che il Ministero dell’Interno ha chiesto a titolo di rivalsa alla presidente delle Mamme del Leoncavallo, l’associazione che gestisce il centro sociale: si tratta, infatti, dello stesso importo che il Viminale è stato condannato a liquidare alla società L’Orologio, quella dei fratelli Cabassi, proprietaria del capannone dal 1994 occupato dal Leonka, come risarcimento per i tre decenni trascorsi invano, senza che si mettesse a segno lo sgombero degli occupanti. Queste, in sintesi, le ultime sul fronte, sempre caldo, sempre sensibile, della regolarizzazione dello storico centro sociale milanese.
Ieri mattina c’è stata l’ennesima visita dell’ufficiale giudiziario in via Watteau. E l’ennesimo rinvio dello sfratto, stavolta ricalendarizzato al 9 settembre. Per allora la delibera della Giunta comunale sarà già stata approvata, salvo sorprese. E il bando lanciato. "La notizia – fa sapere Daniele Farina, storico militante del Leoncavallo, riprendendo il comunicato diffuso da via Watteau – e che ci sarà un bando sull’area di via San Dionigi, ma con un meccanismo per cui sarà compito del Leoncavallo anticipare le somme necessarie per la bonifica dall’amianto, per la ristrutturazione e per la messa a norma dell’immobile. Si tratta di uno sforzo senza precedenti, un’ulteriore incognita sul futuro – si sottolinea – che si somma ai 3 milioni di euro che sono stati chiesti alla presidente delle Mamme Antifasciste per “risarcire” la proprietà di questi 30 anni di “mancati profitti”. Lanceremo una raccolta fondi, una cassa di resistenza che non andrà al Ministero degli Interni né alla proprietà".
La "cassa di resistenza" servirà "per provare a coprire le spese per i lavori di ristrutturazione – spiega Farina –, anche se sono ingenti". Dai primi sopralluoghi è emerso un conto di circa "400mila euro solo per la bonifica dall’amianto e per mettere a posto il tetto del capannone". Una "soluzione per il Leoncavallo al momento non c’è" fanno sapere da via Watteau perché tante, troppe sono le incognite. Ma un percorso è avviato. E da Palazzo Marino confermano sia che l’approvazione della delibera su via San Dionigi è imminente sia lo schema del bando che ne seguirà. Nel frattempo il Leonka non rinuncia alla critica: "Milano è una città che ha regalato a chi costruisce in altezza e non ha spazio per chi viene dal basso e qui vuole restare. Per chi specula è lecito arricchirsi, mentre chi prova a costruire alternative sociali viene condannato. Difendere il Leoncavallo oggi significa difendere Milano dal degrado della “rigenerazione” che vuol dire gentrificazione, espulsione degli “indesiderati”, persone e sogni compresi".