Ahmed Mahmoud è andato a Strasburgo, al Parlamento europeo, per raccontare "quello che succede nei cantieri e nelle catene dei subappalti". È l’ultima tappa dell’avventura del 22enne iniziata il 7 ottobre del 2019 a Fayyum, in Egitto. Dalla città famosa per i suoi muratori, manodopera per i cantieri milanesi, è partito il viaggio di Ahmed, arrivato in Italia come minore non accompagnato dopo cinque mesi di peregrinazioni sulla rotta balcanica. Come tanti connazionali è finito a lavorare nei cantieri di Milano e dell’hinterland. Tanta fatica, orari interminabili, il lavoro “grigio“, la corsa contro il tempo per raccogliere quei soldi necessari per ripagare un viaggio costato 16mila euro, finiti nelle tasche dei trafficanti. Il nuovo cambio di vita è avvenuto quando è entrato in contatto nei cantieri con la Filca Cisl di Milano, ed è stato infine assunto dal sindacato come operatore, nel tentativo di entrare in contatto con un mondo impenetrabile, fatto di operai che spesso parlano solo l’arabo e non hanno una consapevolezza dei loro diritti. Sindacalista, ma anche mediatore culturale.
Mercoledì è salito in cattedra a Strasburgo per raccontare, senza nascondere l’emozione, la sue esperienza, nell’ambito di un’audizione con i sindacati europei del settore dell’edilizia e dei trasporti preceduta da una manifestazione davanti al Parlamento Ue.
"Ha parlato del ruolo degli intermediari e dello sfruttamento – spiega Alem Gracic, segretario generale della Filca Cisl di Milano che lo ha accompagnato a Strasburgo – e anche grazie alla sua esperienza diretta emerge la necessità di una regolazione dei subappalti a cascata, mentre al contrario si va verso un allentamento delle regole in Europa e in Italia". Durante il suo viaggio per arrivare in Italia Ahmed ha rischiato più volte la vita, è finito nelle mani di una lunga serie di “guide“, trafficanti e approfittatori di tutte le nazionalità. "Mio padre, che lavora nell’edilizia in Arabia Saudita, ha fatto grossi sacrifici per farmi arrivare in Italia – ha raccontato Ahmed – e poco a poco gli sto restituendo i soldi. Ho deciso di partire perché vedevo miei compaesani tornare dall’Europa con i soldi in tasca, compravano macchine, facevano la bella vita. Di Milano conoscevo il Duomo e il calcio, sapevo che in questa città è facile trovare lavoro".