La parola alla Storia: "Dovrebbe essere una festa patriottica ma sembra un ring"

Marco Cuzzi, docente alla Statale di Milano e vincitore del premio Acqui "La lotta di Liberazione coinvolse italiani di tutte le correnti politiche".

La parola alla Storia: "Dovrebbe essere  una festa patriottica ma sembra un ring"

La parola alla Storia: "Dovrebbe essere una festa patriottica ma sembra un ring"

Marco Cuzzi, docente di Storia contemporanea alla Statale di Milano, ancora l’ennesima festa del 25 aprile fra le polemiche. Né aiuta lo scenario internazionale, i filopalestinesi, il caso Scurati, Salvini. Che ne pensa?

"Sconcertante. Non è, e non sarà la festa patriottica che vorrei, come quella che si svolge a Parigi, il 25 agosto, un tripudio di colori. Un 25 aprile come un tripudio di Tricolori, una festa familiare come il 4 luglio negli Stati Uniti, con fuochi d’artificio. Invece mi pare che il 25 aprile venga interpretato come un sorta di decreto milleproroghe, una discarica di argomenti dove infilare qualsiasi problema, sia di carattere internazionale sia di carattere interno. Così quella che dovrebbe essere una festa patriottica si trasforma in un ring nel quale vengono evocate questioni molto antiche che dovrebbero essere state perlomeno metabolizzate".

La politica entra a gamba tesa, basta una scintilla...

"Si, la politica di parte. Mentre i valori di fondo devono restare chiari. Altrimenti sfilate e controsfilate rischiano di diventare uno scontro fra fazioni".

Dovremmo ripensare la formula di questa celebrazione?

"Forse. Alle nuove generazioni dobbiamo spiegare che cosa è stato il 25 aprile dicendo che la festa rappresenta la Liberazione del nostro Paese dall’oppressione straniera, da una dittatura. Dobbiamo ricordare a tutti che si è trattato di un’epopea nella quale gli italiani di tutte le correnti politiche - e non solo quelli legati alla sinistra - si sono battuti per un ideale, il tricolore. Le lettere dei condannati a morte si concludono tutte con “Viva l’Italia“. Non è una festa di partito; ricordare che un’intera generazione di loro coetanei partiti da idee diverse hanno trovato un punto di caduta comune, che era la liberazione del Paese e l’instaurazione di una democrazia. Non è stata una rivoluzione, non è stato una sorta di cammino verso un destino radioso, ma una lotta, quanto fu quella per il Risorgimento, per migliorare l’Italia, renderla libera e indipendente. Trovo che sia sufficiente. I vinti? Li abbiamo ampiamente riconosciuti nella loro dimensione umana. Va bene ricordare che ci sono state vittime dall’altra parte, ma hanno perso la guerra. Pretendere che si metta sullo stesso piano il vincitore e il vinto non è possibile. Non sono giuste le guerre, talvolta sono necessarie, come è stata la guerra di Liberazione, per questo trovo stonati certi slogan. Mi stupisce poi che si debba parlare di pace assoluta e senza condizioni. Trovo bellissima l’idea di un mondo senza guerre, ma per ora non esiste".

E la questione di Gaza?

"Mi domando perché prenderssela con la Brigata Ebraica che è una parte importante della nostra storia. A prescindere dalle opinioni che si hanno su Israele (e sul Governo Netanyahu) e sui palestinesi mescolare tutto in una giornata così è sbagliato".

C’è ancora, 79 anni dopo, una distanza marcata tra i partiti.

E la difficoltà da parte di alcuni esponenti di Governo a dichiararsi antifascisti...

"Il percorso verso una destra conservatrice è lungo, serve una maggiore consapevolezza del ruolo istituzionale. Anche la premier, talvolta, adotta un lessico da “Masaniello dell’opposizione“. Penso che bisognerebbe dare a questa destra il tempo di maturare. Più la si incalza e più si avrà l’effetto di cementare ulteriormente questa loro identità non antifascista".

L’anno prossimo saranno 80 dalla Liberazione, cosa possiamo augurarci?

"Stante questo Governo, che la premier Meloni faccia dichiarazioni chiare perché si esca da ogni equivoco. Nel frattempo mi auguro che questa destra compia i passi giusti per crescere. Fratelli d’Italia, adesso che ha più risorse, dovrebbe cominciare ad investire maggiormente sulla formazione dei propri dirigenti e nell’individuare un pantheon di pensatori di idee ricchissimo, rifacendosi alla destra europea che vanta nomi di tutto rilievo, senza dover finire sempre fra le braccia del maestro di Predappio".

mail: stefania.consenti@ilgiorno.net

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