GIULIA BONEZZI; NICOLA PALMA
Cronaca

La notte sotto il grattacielo incandescente

I roghi che si moltiplicano, il super lavoro dei vigili del fuoco e gli interrogativi sulle cause. Poi all’alba il gigante smette di bruciare

di Giulia Bonezzi e Nicola Palma

I mille occhi del gigante incandescente si illuminano all’improvviso e a intermittenza. Basta distrarsi due minuti e ti accorgi che il rogo più consistente si è spostato di due-tre piani: i focolai si inseguono in una corsa infinita che si esaurirà soltanto all’alba di ieri. È l’una in via Antonini. Un gruppo di ragazzini se ne sta sul marciapiedi in silenzio, col naso all’insù: l’autoscala dei pompieri svetta fino al nono piano, e da lì butta acqua senza soluzione di continuità nel tentativo di raggiungere la fonte dell’incendio che si sta sviluppando con particolare veemenza in un appartamento del tredicesimo piano. Sono trascorse cinque ore e mezza dal momento in cui alle 17.36 è scattato il primo allarme per il fumo dall’abitazione d’angolo al quindicesimo, ma le fiamme sono ancora vive in più punti dell’edificio: dalle finestre si alzano di tanto in tanto lingue di fuoco che vanno immediatamente inquadrate dal basso con un faro e rintuzzate in fretta.

In strada non ci sono più le ambulanze di Areu e i mezzi della Croce Rossa: per fortuna, già in serata è arrivata la certezza che nessuno dei residenti è rimasto intrappolato all’interno. "Possiamo tirare un sospiro di sollievo", la frase del sindaco Giuseppe Sala che alle 22 ufficializza un bilancio che sa di miracoloso. Ci sono ancora i tecnici della Protezione civile, che dal posto avanzato di soccorso allestito vicino a un’aiuola hanno fatto la conta dei presenti e offerto alle famiglie rimaste senza tetto una sistemazione al Quark Residence lì a due passi e in un albergo in zona Bovisa. Ci sono gli agenti di polizia e i vigili urbani: presidiano le strade d’accesso alla zona rossa, danno indicazioni agli automobilisti e nel caso rimproverano chi vuole avvicinarsi troppo alla Torre dei Moro per scattare qualche foto o semplicemente rendersi conto di ciò che è successo.

"È pericoloso, tornate indietro", la frase che ripetono in continuazione. Non sono parole di prammatica: dall’edificio si sono staccati infiniti pezzi di lamiera, i pannelli "incriminati" che componevano il rivestimento esterno dell’avveniristico palazzo a forma di vela e che secondo le prime indagini sarebbero la causa principale della spropositata propagazione del rogo; sono precipitati sui palazzi confinanti e sulle auto parcheggiate. Ognuno ha la sua teoria sulla dinamica: c’è persino chi si spinge a "riportare una voce", senza prove né possibilità di verificarne il fondamento, secondo la quale la colpa sarebbe di una comitiva di cinesi che stava facendo una grigliata sul balcone; peccato che l’appartamento dal quale è partito l’incendio fosse vuoto. C’è chi si interroga sulla potenza del getto d’acqua che continua a raffreddare dall’esterno lo stabile di 18 piani, suggerendo a bassa voce mezzi più innovativi e performanti da mettere in campo per i roghi di grattacieli. "Ma cosa dice? – interviene subito un altro –. I vigili del fuoco stanno facendo il massimo".

Più del massimo, pronti a sacrificare le loro mani ("Alcuni se le sono ustionate", la testimonianza di Sala) per salvare vite. Ormai sono le 3, e il bestione tirato su dieci anni fa continua a fumare dal tetto, a sessanta metri di altezza. Un ragazzo aggiorna i suoi follower insonni con una diretta Instagram molto partecipata, a giudicare dai like che invadono lo schermo dello smartphone: risponde alle domande come se fosse un esperto; discetta di architettura, ingegneria e materiali ignifughi col bastoncino da selfie ben saldo nella mano destra; consulta rapidamente i motori di ricerca per replicare in tempo zero a chi vuole informazioni dettagliate sullo stabile. Fa parte anche lui dei nottambuli che osservano stupiti il palazzo scarnificato: tutti si dicono "stiamo qua altri cinque minuti e poi andiamo", però nessuno riesce a staccare lo sguardo, forse sperando di assistere al momento in cui il tizzone ardente smetterà di spaventare la città ripopolata dai vacanzieri di ritorno. Succede al mattino: la Torre dei Mori è un parallelepipedo nero che sbuffa dalla cima scoperchiata dalle altissime temperature.

Gli interrogativi si concentrano sul suo futuro: verrà abbattuta oppure no? La struttura portante in cemento armato non è stata intaccata, ma è anche vero che tutto ciò che c’era intorno e che è rimasto in qualche modo ancorato va comunque rimosso prima di pensare a un’eventuale ricostruzione alternativa alla demolizione completa. Argomenti che sembrano lontani anni luce dai pensieri primari degli ex inquilini. Pensieri come quello di Anna, che non trova la macchina: "L’ho lasciata qui prima di partire per le ferie, dov’è finita?". "Se non è tra quelle bruciate – la informano dalla Protezione civile – è stata rimossa: ora le diciamo dove l’hanno spostata i vigili". C’è un altro problema, ed è irrisolvibile al momento: "Le chiavi le ho lasciate lì". Al decimo piano.

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