ALESSANDRA ZANARDI
Cronaca

La frazione di Viboldone. Un borgo fantasma: "Restyling al più presto"

Viaggio nello “spicchio” di San Giuliano che da decenni aspetta un rilancio. Per riaccendere i riflettori, il 25 maggio eventi culturali lungo via Folli.

Viaggio nello “spicchio” di San Giuliano che da decenni aspetta un rilancio. Per riaccendere i riflettori, il 25 maggio eventi culturali lungo via Folli.

Viaggio nello “spicchio” di San Giuliano che da decenni aspetta un rilancio. Per riaccendere i riflettori, il 25 maggio eventi culturali lungo via Folli.

C’è chi lo considera un luogo di quiete, dove ritrovare la tranquillità e il contatto con la natura, e chi lamenta la totale mancanza di servizi di una frazione che, ad oggi, conta solo 9 famiglie residenti e un’azienda agricola ancora in attività. Di certo Viboldone, piccolo borgo semi-deserto attorno all’omonima abbazia delle monache benedettine, è uno spicchio di San Giuliano che da decenni aspetta un rilancio e per il quale si sono battute, e continuano a battersi, le associazioni di tutela del territorio, convinte che i vecchi edifici dismessi meritino una seconda vita. Il borgo, di proprietà privata, si sviluppa lungo un’unica strada, via Folli. Il primo edificio che s’incontra è Cascina Grande, col suo porticato "a cannocchiale" che garantisce una suggestiva vista sul vicino monastero. "Trent’anni fa nell’aia si organizzavano eventi culturali, poi c’è stata la dismissione", racconta Paolo Rausa, presidente dell’associazione per la salvaguardia e la valorizzazione di Viboldone. Il sodalizio è nato negli anni Novanta, sull’onda di un piano regolatore "scellerato", che avrebbe voluto radere al suolo il borgo, e da allora si batte per una tutela e un recupero. "Dismesso anche l’edificio accanto a Cascina Grande - prosegue Rausa -, che fino agli anni Ottanta ospitava una scuola materna e successivamente è stato sede di alcune associazioni locali. Poi, più nulla". In stato di abbandono le ex case dei salariati e dei contadini, nonché quello che per anni è stato il ristorante "Alla posta", chiamato così perché in origine l’edificio ospitava una stazione di posta per i cavalli. In disuso, a sua volta, la "Cà de paròl", uno stabile di epoca fascista con impianto sette-ottocentesco, sulla cui facciata una scritta in latino invita ad approfittare della quiete della campagna per ristorarsi dalle fatiche del lavoro. A dare al luogo una parvenza di vita è Cascina Abbazia, azienda agricola con 100 ettari di terreno, coltivati per lo più a riso e mais. Ci lavora, dal 1969, Alessandro Sogni, che racconta: "È una meraviglia lavorare qui. Lontani dal traffico, ci si sente davvero parte dei ritmi della natura. Questo posto è pervaso da un senso di pace: è la sua particolarità". Apprezzano la tranquillità, ma lamentano al tempo stesso la mancanza di servizi i (pochi) residenti, come Giuseppe, che ci abita dal 1990: "Il borgo si è via via svuotato - dice - anche solo per comprare il pane dobbiamo usare l’auto e andare a Sesto Ulteriano. Per spezzare l’isolamento, ci vorrebbe almeno un bar".

Per riaccendere i riflettori su Viboldone, l’associazione di Paolo Rausa sta organizzando per il 25 maggio, nell’ambito della festa delle associazioni, l’iniziativa "Il borgo fantastico", un insieme di eventi, culturali e di aggregazione, che si svilupperanno lungo via Folli. In agenda, dalle 15 alle 19, un laboratorio di teatro per i bambini, un concerto della banda cittadina, l’esposizione di prodotti agricoli e la presentazione del libro di Edo Bricchetti "Andar per abbazie". "In questo modo vogliamo contribuire a riportare l’attenzione su Viboldone - conferma il presidente del sodalizio -. Prima che il degrado degli edifici diventi irreversibile, occorre far sedere attorno a un tavolo i soggetti interessati (proprietà, Comune, comunità ecclesiastica, Parco Sud, Regione Lombardia e Ministero dei beni culturali), affinché si trovi il modo di varare un piano di recupero rispettoso del genius loci. Urge fare in fretta".

Dal punto di vista urbanistico, i presupposti per una riqualificazione ci sarebbero. "Qualora lo ritenesse, la proprietà avrebbe la possibilità di attuare un recupero, realizzando residenze e strutture ricettive nel rispetto dell’esistente, senza aumenti di volumetrie e senza dover cedere alcun immobile al Comune - spiega il sindaco Marco Segala -. Si tratta di capire se un intervento del genere possa avere sostenibilità economica, considerati anche i vincoli, diretti e indiretti, che gravano sull’area. L’auspicio è che un progetto di rilancio possa davvero concretizzarsi, per valorizzare un luogo dall’indubbio valore".