
Lo storico direttore del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "La crisi industriale ha investito la metropoli, ma i miei figli abitano ancora qui".
Nel salire a incontrarlo nel Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, che governa dal 2001, si nota la bacheca all’ingresso con i dépliant in arabic, français, deutsch, español, chinese, japanese. Direttore Fiorenzo Marco Galli, essere milanese richiede costante aggiornamento? "Io lo sono dalla nascita, 1955. Nella provenienza dei nostri visitatori, 53% stranieri, si riflette la città contemporanea".
Com’era Milano una volta? "Guardavo il Monte Rosa risplendere nello skyline di fronte a casa. Una villa, sulla collinetta artificiale fatta alzare da mio padre davanti all’ippodromo di San Siro. Da un tetto, saltavo sul mio cavallo: intorno, le stalle di allevamento di galoppo". Abbattuta la villa, sorte tre palazzine. Chiusa l’azienda di famiglia. "Elettromeccanica Galli, elettricità in sicurezza, come può leggere in questa brochure. Ma la deindustrializzazione ha investito tutte le economie avanzate occidentali. Con evidenti riflessi sulle città".
Ritirata la borghesia industriale. Però lei da Milano non se ne è andato. Anche i suoi figli? "Sì, entrambi sono rimasti: l’antropologo con studi in Inghilterra e a Kyoto, e l’altro che ha ereditato “il naso finanziario“ del nonno". Più facile essere giovani ai suoi tempi? "Sono stato, a 27 anni, il più giovane presidente dei Giovani Imprenditori di Assolombarda. A livello nazionale, con Antonio D’Amato e Luigi Abete volevamo l’apertura all’internazionalizzazione".
Ora, partecipa al forum di San Francisco, con il meglio della museologia mondiale. "E con i colleghi dei musei scientifici di Monaco, e Londra, Parigi, Varsavia, “cospiriamo“ nel segreto G5 d’Europa". Il successo (comprovato dai biglietti venduti) del suo Museo, il più visitato in Lombardia, 600.000 presenze nel 2024, deriva da un approccio imprenditoriale? "Un museo scientifico non può che essere un ambiente dinamico e flessibile: “il museo del divenire del mondo”, diceva il fondatore Guido Ucelli. A parte le cose difficili da spostare, come il transatlantico Conte Biancamano (ne festeggeremo quest’anno il centenario del varo), il nostro è un museo-impresa in perenne rinnovamento, che si regge su un modello di sostenibilità economica".
Per forza, con la contrazione dei finanziamenti pubblici... "Infatti, la nostra media annuale di ricavi autogenerati è salita a oltre il 75% del budget operativo totale. Ma un museo-impresa riconosce anche il valore del capitale umano: 170 persone, che sanno fare il loro mestiere, nel nostro staff. Maturato con il passaggio da Ente pubblico a Fondazione di diritto privato".
Quando? "Il 25° anniversario, l’anno prossimo, lo racconteremo con immagini". Un librino, “Milano e le sue rotte obbligate. Le acque che ci tocca navigare”, aveva invece scritto nel 2016. In quegli appunti per una cittadinanza sostenibile, previsioni azzeccate? "Superate: fra tutte, più di 8 miliardi di persone la popolazione mondiale, ormai 75 miliardi gli apparati in rete ...".
E Milano promossa a smart city (città intelligente)? "I modelli di urbanesimo partecipativo, che avevo prospettato, attendo si realizzino. Ci spero, facendo la mia parte". Sottosopra da anni, l’area di san Vittore al Corpo antistante il Museo, con resti tardoromani e paleocristiani, prefigura semmai un nuovo Medioevo? "Viviamo di fatto in un Neomedioevo quantistico. Essere nato in una famiglia del Nord produttivo mi rende però istintivamente ottimista".
I lamenti, d’accordo, sono per il burocratismo e pelandronismo di certi ambienti statali corrotti. "Sapere. Fare. Saper fare. Ecco, la cittadinanza da acquisire attraverso scienza e tecnologia: strumenti di conoscenza, di orientamento per le nuove generazioni, attrezzi di vita".
Ispirati da memorie milanesi? "Mi piace ricordare la contiguità, e i comuni reperti, con la Basilica di Sant’Ambrogio, Santa Maria delle Grazie, il Cenacolo di Leonardo, patrono del Museo: non ho timore a ricordare che nelle nostre Gallerie leonardesche si vive la migliore esperienza al mondo per comprendere questa figura universale. E nell’allestimento “In Scena”, a marzo, esporremo un modulo del palcoscenico storico a ponti mobili del Teatro alla Scala: capolavoro di nobiltà ingegneristica e operaia".