Incidenti in bici, Legambiente: “Lezioni pratiche e teoriche per i camionisti che entrano in città”

La proposta dell’associazione ambientalista è “clonata” da un programma ideato in Gran Bretagna: previsti anche test in sella nei punti più pericolosi

Quattro vittime in bicicletta in sette mesi. A tenere la terribile conta è Legambiente, che ha diffuso una nota all’indomani dell’incidente di via Comasina in cui ha perso la vita un ciclista cinese. Al centro del comunicato le similitudini fra le tragedie.

Appello alle istituzioni

“L'incidente in via Comasina di stamattina – si legge nella nota – è la fotocopia di quello in Sormani, a sua volta di quello in Piazzale Loreto, prima ancora di quello in Bastioni di Porta Nuova: dagli inizi di novembre a oggi quattro persone sono morte per non essere state viste circolare sulla loro bicicletta”.

I pedalatori sono stati travolti sempre da mezzi pesanti. “Il tragico antagonista di un veicolo così leggero è sempre una variante della stessa categoria – proseguono gli ambientalisti – ora una betoniera, un autoarticolato, un camion da movimento terra. Con la stessa scansione temporale, il consiglio comunale di Milano ha votato due ordini del giorno, che attendono di essere tramutati in ordinanze e delibere: a gennaio quello su Città30, pochi giorni fa un altro, proprio sulle prescrizioni ai veicoli pesanti in città”.

Atti a cui ha fatto seguito, il 6 maggio, una proposta di legge nazionale sulle Città 30 in Italia da parte di Legambiente e da altre associazioni. I recenti incidenti avvenuti a Milano, secondo gli ecologisti, fanno capire come ci sia urgenza che il governo e i comuni facciano la loro parte.

Mancanza di sicurezza

“Gli angoli ciechi ci vedono benissimo – commenta Fedrico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico di Legambiente Lombardia Legambiente Lombardia – è il quarto incidente mortale in meno di sei mesi a Milano, città cantierizzata ad elevata circolazione di mezzi pesanti, ma senza alcuna prescrizione di sicurezza, quando si considera la condivisione dello spazio pubblico con tutte le categorie di utenti. Ciclisti, pedoni, motociclisti: come si può pensare che siano al sicuro quando i conducenti dei veicoli pesanti non hanno ricevuto un’adeguata formazione e gli stessi veicoli non sono messi in sicurezza?”.

La lezione straniera

Secondo Legambiente il focus deve essere sulle persone, come accade all'estero. Il programma inglese SUD - Safe Urban Driving, ad esempio, prevede ore di teoria per i conducenti dei mezzi pesanti che entrano in città – si legge ancora nella nota – oltre a una pratica che consiste nel percorrere in bicicletta con formatori specializzati i punti potenzialmente pericolosi, per rendersi conto dei rischi e adottare una condotta di guida consona a uno spazio pubblico condiviso da tutte le età e le abilità.

Il tutto fa capo, sempre nel caso del Regno Unito, a una certificazione (FORS) che gli operatori devono avere per poter lavorare in città.

"Bene preoccuparsi dei dispositivi da installare sui mezzi, ma non è tutto – continua Del Prete – Sono le persone a dover essere al centro dei provvedimenti, altrimenti si rischia di spersonalizzare rischi ed eventi. Anche i cittadini in bicicletta mostrano poca dimestichezza con il rischio e con le regole, ma sono loro a pagare di più. C'è una gerarchia nelle diverse responsabilità: dobbiamo puntare, come all'estero, a inserire questa gerarchia nella normativa. La situazione è molto grave, a Milano ci vuole una strategia integrata: subito le necessarie delibere per Città 30 e mezzi pesanti, poi la prima convocazione della Consulta per Mobilità Attiva e l'Accessibilità, nominata, ma ancora non operativa”.

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