Milano – "Vedete quella saracinesca accartocciata? Non mi ricordo nemmeno più quante volte se la sono ritrovata così: i titolari cinesi non ne potevano più dei furti. Io penso siano arrivati all’esasperazione". A parlare è un anziano che vive in viale Da Cermenate da 52 anni. Scuote la testa, di fronte al locale violato da banditi ieri all’alba. Cercavano di portarsi via i gratta e vinci e uno ci ha rimesso la vita, ucciso a colpi di forbici. Il quartiere fa scudo attorno ai gestori dell’attività.
"Una volta, dei ladri hanno portato via la cassa. Un’altra i soldi delle macchinette. I gratta e vinci, poi, non ne parliamo. Ho visto alternarsi sei proprietà – evidenzia Remo, di 70 anni – e i cinesi sono qui da una ventina d’anni. Delle brave persone, lavoratori, che aprono il bar alle 6.30 e vanno avanti fino a notte. Il trentenne si è avventato sul ladro? Non ci avrei scommesso: lo vedo sempre pacifico". Lo sottolinea anche un ventiduenne, residente nello stesso palazzo del locale, che racconta di essere sceso in strada appena ha sentito i tonfi e le urla: "Ho visto quell’uomo a terra, steso in una pozza di sangue".
“Quell’uomo“ è Eros Di Ronza, di 37 anni. Un curriculum criminale gonfio di precedenti per reati contro il patrimonio e di segnalazioni per il possesso di droga. Lo scorso settembre era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale ed era scattato l’obbligo di presentarsi periodicamente davanti alla polizia giudiziaria. Pochi giorni fa, il 3 ottobre, era stato indagato per possesso di armi. Prima c’era stata la condanna a otto mesi, scontata in affido ai servizi sociali, per un tentativo di rapina ai danni di un negozio di abbigliamento di Solaro, commesso il 15 maggio 2017. Ancora: nel 2009 era stato accusato di furto e ancora prima, nel 2004, indagato per ricettazione.
Negli ultimi anni, a partire dal 2020, era finito nei guai altre volte: evaso dagli arresti domiciliari, era stato arrestato – ma poi assolto – per il furto di una borsa da donna del valore di 100 euro, commesso a Cogliate, dove aveva vissuto per qualche anno con la famiglia e dove spesso tornava ancora, prima di spostarsi nel quartiere delle case popolari di via Millelire, a un passo da via Novara e a ridosso del quartiere di San Siro. Una vita ai margini, divisa tra le case popolari della sua zona e quelle di via Gola, covo di spaccio e teatro di occupazioni, cadenzata dai problemi di tossicodipendenza, e i momenti da papà mostrati anche sui social: su Facebook, le immagini con i suoi tre bambini (residenti in Brianza con la madre). Sempre sui suoi profili spiccano pure le foto con i tatuaggi in bella vista, che gli coprono braccia, collo e volto.
Sul sopracciglio destro, la scritta “Odio”. Lo stesso che adesso si riversa su di lui, per mano di decine di persone che sui social lo attaccano e difendono i gestori dell’attività presa di mira, arrestati con l’accusa di omicidio. "Conseguenza delle sue scelte", "il rischio del mestiere", sono due dei commenti, insieme a "sta bene dov’è", "lo inseriranno nella lista dei morti sul lavoro" e "una fedina penale lunga un chilometro". "Voglio vedere se ti rapinano più volte, se alla fine non sbrocchi". Compare anche l’hashtag #iostoconilnegoziante.
Per contro, non mancano le frasi di amici che piangono la sua perdita. "Anche se ha sbagliato è pur sempre un uomo, e ho voluto dedicargli una frase di “saluto”. Buttargli mer... addosso non serve a niente", commenta Arianna, che racconta di aver conosciuto Di Ronza da adolescente. "Non sei mai stato uno stinco di santo – scrive rivolgendosi a lui – ma sapevi come farmi tanto ridere e farmi sentire bellissima".