NICOLA PALMA
Cronaca

"Hydra ha una propria mafiosità". Così Fidanzati è finito in carcere

Le motivazioni della Cassazione sul figlio del boss: l’associazione opera in modo distinto dai clan storici

Giuseppe Fidanzati, figlio di Gaetano, defunto boss dell’Arenella di Palermo

Giuseppe Fidanzati, figlio di Gaetano, defunto boss dell’Arenella di Palermo

"L’associazione ha una propria “mafiosità”, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia". In sintesi: una mafia "nuova" o "atipica". Ecco la motivazione principale che ha spinto la Cassazione a respingere il ricorso presentato da Giuseppe Fidanzati, figlio del defunto boss palermitano dell’Arenella Gaetano, contro il provvedimento del Tribunale del Riesame che ha disposto per lui la misura cautelare del carcere per associazione mafiosa.

Il nome di Fidanzati figura tra gli indagati della maxi inchiesta Hydra della Dda, che ha ipotizzato un’alleanza in Lombardia tra esponenti di mafia, ’ndrangheta e camorra. Il 25 ottobre 2023, il gip Tommaso Perna ha rigettato 142 richieste di arresto su 153, non condividendo l’impianto accusatorio della Procura sull’esistenza di un presunto patto tra le tre principali organizzazioni criminali del Paese. Un anno dopo, è arrivato il ribaltone del Riesame, che ha riconosciuto l’associazione mafiosa contestata dal procuratore capo Marcello Viola e dalla pm Alessandra Cerreti sulla base delle indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri guidato dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino. Il collegio presieduto dalla giudice Luisa Savoia e completato dalle colleghe Monica Amicone e Caterina Ambrosino ha disposto la custodia cautelare per altri 41 indagati (sui 79 finiti nel mirino dell’Antimafia), tra i quali "Ninni" Fidanzati, ritenuto il rappresentante di Cosa Nostra nel "mostro" a tre teste che si fondava sia sugli introiti garantiti dalle "attività più classiche", come estorsioni e traffici di droga, sia sulle infiltrazioni nel mondo dell’economia legale.

Nelle scorse settimane, la Cassazione ha via via ratificato la decisione di secondo grado, rendendo esecutive le ordinanze cautelari e spedendo dietro le sbarre non solo il figlio di don Tanino, ma anche altri personaggi di spicco come Santo Crea, Paolo Aurelio Errante Parrino, Gioacchino Amico e Pietro Marino alias "Architetto". Tutti membri, secondo la Suprema Corte, di "un nuovo “sistema”, distinto dalla confederazione perché caratterizzato da una struttura organizzativa autonoma delle sue articolazioni o sottogruppi". Un sistema in cui Fidanzati avrebbe impartito direttive per appianare i dissidi, partecipato al versamento di denaro nella cassa comune (la "bacinella") e coordinato l’attività finanziaria.