GABRIELE MORONI
Cronaca

Gioco d’azzardo, la storia di Andrea: "Dalla schedina all’online i soldi non bastavano più. Ho rubato in casa"

Il 24enn non avevo denaro, iniziai a chiederlo in giro. La rinascita e il riscatto con la Casa del Giovane di Pavia. La Lombardia brucia oltre 21 miliardi, il web attira i ragazzi

Nella morsa del gioco, la storia di Andrea

Pavia, 19 luglio 2023 – Il gioco come divertimento innocente, pochi i soldi investiti in compagnia degli amici, ancora meno quelli guadagnati. Il divertimento che si trasforma, ossessione, mania. La vincita che incoraggia a ritentare, la perdita che instilla voglia e speranza di rivincita, secondo il più classico dei meccanismi. E il bisogno, la ricerca di denaro portano a cercarne sempre di più, ad appropriarsene anche fra le mura domestiche. è la storia di Andrea (nome di fantasia). Una storia di asservimento, ma anche di ribellione e riscatto finale.

Ho ventiquattro anni. Vivo a Pavia. Ho iniziato a giocare qualche soldo da ragazzo, la classica schedina nei fine settimana con gli amici, giusto due soldi ogni tanto. Sono arrivato all’università, mi sono iscritto a bioingegneria. Dopo un anno o due - ricorda Andrea - ho cominciato a giocare online, anche per comodità, con il telefono. All’inizio erano cifre modeste, che con il passare del tempo sono aumentate. Le giocate sono diventate giornaliere. Mi capitava di vincere. Una volta ho puntato 10 euro e ne ho vinti 500. Se perdevo ritentavo per rifarmi. Sono arrivato a scommettere qualche centinaio di euro che per me, che non avevo introiti, erano molti. Per un po’ mi sono arrangiato con denaro mio. Dopo mi è capitato di chiederne agli altri e anche di sottrarre in casa, i soldi dei miei genitori. Penso di aver perso in tutto attorno ai cinquemila euro".

“Quando giocavo , scattava sempre lo stesso meccanismo. Mi sembrava - riflette oggi il ventiquattrenne - di estraniarmi dal mondo esterno, di staccarmi dai problemi di tutti i giorni e di entrare in un mondo che era mio, soltanto mio, dove eravamo soli io e il gioco. Quando riuscivo a smettere mi prendeva un senso di colpa, ma non riuscivo a smettere. Non ne parlavo con nessuno. Alla fine i miei genitori hanno scoperto che da casa mancavano dei soldi. Allora ho confessato. È stata una liberazione. Li ho visti stare male per me. Mi hanno aiutato".

«Ho smesso un anno e mezzo fa. Dopo un mese ho iniziato a frequentare la Casa del Giovane - rivela Andrea, che ha trovato un supporto alla sua decisione nella struttura di Pavia dove opera lo psicologo Simone Feder - un gruppo di persone che avevano vissuto il mio stesso problema. Ci ritroviamo ancora, parliamo dei nostri problemi, abbiamo i nostri momenti di condivisione. Ognuno dice quello che vuole. Ci si riconosce nelle esperienze degli altri, si trova un supporto. Oggi lavoro e voglio continuare gli studi. Le tentazione di riprendere a giocare? C’è stata soprattutto nei primi tempi, ma sono riuscito a resistere".