REDAZIONE MILANO

I clienti della Gintoneria “pagavano un forfait obbligatorio” per i servizi del privè: sesso, alcol e droga

È quanto si legge nelle motivazioni con cui il Tribunale del Riesame di Milano a fine aprile ha confermato il sequestro da circa 900mila euro disposto dalla pm, nelle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf sul locale di Davide Lacerenza

La polizia all'ingresso della Gintoneria di via Napo Torriani a Milano

La polizia all'ingresso della Gintoneria di via Napo Torriani a Milano

Milano, 26 maggio 2025 – La cocaina, le ragazze, l’alcol a fiumi: tutto, alla Gintoneria di Davide Lacerenza, era rivolto "al divertimento, senza freni, del cliente". È quanto si legge nelle motivazioni con cui il Tribunale del Riesame di Milano (giudici Galli-Natale-Alonge) a fine aprile ha confermato il sequestro da circa 900mila euro disposto dalla pm Francesca Crupi, nelle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e convalidato con misura cautelare dalla gip Alessandra Di Fazio.

Il "core business" di Davide Lacerenza, ai domiciliari dal 4 marzo come Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi –  si legge nelle carte – era la "messa a disposizione di ragazze e stupefacente e non certo solo dell'alcol" e "l'offerta di prostitute", intesa come "disponibilità e trasporto a domicilio", era "finalizzata a garantire che la clientela consumasse alcol" e al "raggiungimento di un proprio personale tornaconto". Nemmeno la cocaina era gratis, ma "era una disponibilità compresa nella complessiva offerta di un servizio". Rispetto al presunto profitto di autoriciclaggio, in realtà. gli investigatori hanno rintracciato finora meno di 80mila euro, di cui 33mila trovati su un conto in Lituania, tutti riconducibili a Lacerenza, oltre alle bottiglie sequestrate il cui valore è "in corso di valutazione".

I “pacchetti” della Ginto

Nel provvedimento il Riesame fa riferimento a tutti gli elementi raccolti da inquirenti e investigatori, tra cui le testimonianze del cliente più assiduo che spendeva per quei "pacchetti" cifre "esorbitanti", fino a "10mila euro a notte", per un totale negli anni di quasi "un milione di euro". Una ex dipendente della Gintoneria ha messo a verbale che "le prostitute" erano "la principale attrattiva del locale". Il privé, ha spiegato, "non aveva un listino prezzi... avevi l'obbligo di pagare una cifra forfettaria". E ancora: "So che nel caso in cui i clienti non avessero consumato nulla nel privé, comunque quella cifra non veniva restituita in quanto poteva verificarsi che il cliente non aveva più la necessità di bere, ma soltanto di essere in compagnia delle escort". Tra l'altro, alcuni dipendenti hanno precisato che le bottiglie della Gintoneria non costavano "più di 150 euro l'una".

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Tra i testimoni sentiti dopo gli arresti, come si legge nell'ordinanza, c'è anche il "cassiere del locale" che ha parlato dei "pagamenti ricevuti in nero" su un conto e che arrivavano dal cliente principale a cui, tra l'altro, Lacerenza vendeva bottiglie non "di particolare pregio". Quelle di champagne "costavano al massimo 150 euro". Anche due ragazze, sentite tra il 5 e il 10 marzo, hanno confermato il meccanismo degli "adescamenti" e che andavano in quel locale su richiesta di Lacerenza e del suo presunto factotum. In sostanza, Lacerenza mischiava "profitti leciti e illeciti", perché attraverso la prostituzione aumentava anche gli incassi della "vendita dei super alcolici". Tra l'altro, dal punto di vista economico al momento c'è stata una "valutazione" soltanto "parziale, essendo limitata ad uno solo dei numerosi clienti che adoperavano i servizi forniti da Lacerenza", quel rampollo di una ricca famiglia che versò quasi un milione. Per i giudici, è vero che c'era una "contrattazione diretta tra cliente ed escort" ma "ciò non esclude" né il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di Lacerenza (ipotesi contestata anche a Nobile nelle indagini), né che quelle somme che i clienti pagavano a lui fossero in effetti il prezzo "delle attività illecite".