ETTORE SALADINI
Cronaca

Milano, viaggio al Giambellino: i muri invisibili tra comunità e la difficoltà di cambiare

Tra i cittadini c’è chi è scettico (“il metrò porterà benefici solo temporanei”) e chi spera: “Quartiere migliorato, case popolari sistemate, serve tempo”. In generale resta un arcipelago di residenti divisi da lingua, abitudini, culture

A sinistra, il nuovo ponte di San Cristoforo; sopra, il tram che attraversa Lorenteggio

A sinistra, il nuovo ponte di San Cristoforo; sopra, il tram che attraversa Lorenteggio

Milano – Il Giambellino quest’anno compie cento anni. Nato nel 1925 come quartiere popolare operaio, è diventato uno dei simboli di Milano, anche grazie alla “Ballata del Cerutti“ di Gaber e al celebre Bar, oggi gestito da imprenditori cinesi. L’anima popolare c’è ancora, ma è provata. Tra una comunità straniera che fatica a integrarsi, le case occupate, i muri scrostati, le auto abbandonate e l’insicurezza diffusa. Soprattutto attorno a Piazza Tirana e via Segneri dove, nonostante la nuovissima M4, sembra regnare l’anarchia.

“Il degrado ha raggiunto livelli insostenibili. È un posto abbandonato: immondizia, droga, perfino escrementi. Bisogna avere paura a passare di qui, soprattutto per le donne”. Vittoria Rizzitelli aspetta l’autobus sotto i palazzi popolari e racconta il quartiere con amarezza: “Gli stranieri sono tantissimi. Non voglio dire che sia solo colpa loro, ma molti non sembrano voler integrarsi e creano problemi”.

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Il nuovo ponte di San Cristoforo al Giambellino

Oggi il Giambellino è a tutti gli effetti un quartiere multietnico. “Una volta eravamo tutti meridionali, oggi ci sono tantissimi stranieri. Ma non è questo il problema: ci sono persone brave e persone meno brave, come ovunque. Anzi, ora con la metro e i nuovi lavori qualcosa si muove: ci sono più controlli, e credo che nei prossimi anni il quartiere cambierà tanto”, racconta Vito Landillo, da quarant’anni alla guida della macelleria equina del mercato rionale. Un parere condiviso da Salvatore Cagianelli: “Negli ultimi mesi la situazione è migliorata. Hanno buttato giù alcune case occupate e molte persone se ne sono andate. La metro ha portato più attenzione, più controlli. Certo, l’arrivo dell’M4 porterà anche a un aumento dei prezzi degli appartamenti, e qualcuno sarà costretto a spostarsi”.

Altri residenti sono invece più scettici sull’impatto della metro: “Il quartiere è abbandonato, sporco e trascurato. Sono qui da cinquant’anni ed è sempre stato così, indipendentemente dall’amministrazione. Poi, con l’arrivo di nuove persone, le cose sono peggiorate. La metro ha portato qualche vantaggio, ma sarà passeggero: è normale che all’inizio ci siano più controlli. Aspettiamo l’estate per vedere come va, tra bivacchi e confusione la sera”, commenta Giuseppe Sanzone.

Nel quartiere, però, c’è anche chi prova a costruire un ponte tra le comunità. Il circolo del Partito Democratico in via Segneri organizza iniziative per coinvolgere i giovani, ma la partecipazione resta bassa: “Vorremmo aprirci ai ragazzi, ma non vengono. È come se ci fosse un muro. Le due realtà, italiana e straniera, faticano a comunicare”, spiega Franco Staropoli, membro del circolo. “Il quartiere non partecipa, e noi non sappiamo più come fare. Aggiungiamoci le difficoltà dei circoli in questo periodo. Però qualcosa sembra stia cambiando. Il quartiere, piano piano, sta rinascendo, e noi cerchiamo di dare una mano”. Spostandosi da Piazza Tirana, risalendo via Giambellino verso nord, la situazione, però, cambia radicalmente.

All’altezza di Largo dei Gelsomini si ha quasi l’impressione di trovarsi in un altro quartiere: “Il posto mi piace e non mi sposterei mai da qui, ma servirebbe molta più cura. Certo, non c’è la situazione di via Segneri, via Apuli o via Odazio, dove è veramente drammatica, ma i problemi ci sono anche qui”, dice Guglielmo Di Domenico, titolare da quarant’anni di un’attività di accessori per auto di lusso. “Il nostro problema è il mercato del giovedì. Si riversa tanta gente poco raccomandabile, e i nostri clienti, che comprano prodotti di fascia alta, preferiscono evitare. Hanno paura”.

La pensa così anche Gianni Mastrandrea, barbiere nel quartiere da 21 anni: “Tanti clienti sono andati via per i problemi, legati sia ai lavori sia alla presenza di certi personaggi. La zona è peggiorata. È vero, ci sono anche tante brave persone, ma sono sempre di meno. I miei clienti dicono che non si sentono più tranquilli. Una volta via Lorenteggio era una piccola Corso Buenos Aires, oggi è l’opposto e le attività italiane hanno chiuso quasi tutte”.