ANNA GIORGI E NICOLA PALMA
Cronaca

Come nasce un estremista: Refaei e le bandiere di Isis al figlio. “Devi imparare il credo a memoria”

I tentativi di indottrinamento del minorenne: “Come metti il cibo nello stomaco, metterai questo in testa”. Monadi in un sistema che assicura una pericolosa interconnessione

Jihadisti minacciano l’Occidente in uno dei tanti video che circolano in rete

Jihadisti minacciano l’Occidente in uno dei tanti video che circolano in rete

Il 24 febbraio 2021, Alaa Refaei invia a uno dei quattro figli un filmato: si vede una bambina che risponde alle domande del padre sul Tawhid, che nella cultura islamica rappresenta il principio alla base dei concetti di unità e unicità di Allah. Il ragazzino risponde: "Stai scherzando? Devo imparare tutto questo?", per poi chiedere una ricompensa. "Intanto imparalo", incalza Refaei. "Come faccio a imparare tutto questo a memoria?". "Come metti il cibo nello stomaco, farai la stessa cosa con questo mettendolo nella testa... come memorizzi i giochi e Youtube, fai la stessa cosa con questo video... la bambina è molto più piccola di te", dice perentorio il quarantatreenne. Il figlio piange: "Trovami qualcosa di più facile... ti bacio le mani... è così difficile".

Le intercettazioni disvelano il martellamento continuo di Refaei nei confronti del ragazzino, che in altre occasioni ha ricevuto sul cellulare lo screenshot di un’immagine con la scritta "Se vedessi un uomo con mia moglie, lo colpirei con la spada senza pietà", un messaggio di propaganda jihadista e la bandiera dello Stato islamico. Un rapporto pesantemente condizionato dal radicalismo del genitore, che avrebbe cercato di indottrinare il figlio così come aveva fatto con l’ex dipendente connazionale Mohamed Nosair.

Già, Refaei e Nosair, due lupi solitari che si sono radicalizzati all’insaputa di tutti. Un muratore e un addetto alle pulizie che da anni covavano il loro odio per l’Occidente sul web. Due prototipi viventi, stando alle carte dell’inchiesta che ieri li ha portati in carcere, di ciò che l’Isis ha seminato nel recente passato, riuscendo a sopravvivere col suo "modello “polverizzato” di articolazion", ragiona il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice, alla "recente “decapitazione” delle organizzazioni terroristiche islamiche". Sì, perché, aggiunge il giudice nell’ordinanza, "le attuali generazioni di terroristi, soprattutto i nativi digitali, hanno appreso le tecnologie più sofisticate che impiegano in via prioritaria nel perseguimento della loro “missione”".

Così gli spazi virtuali diventano agorà per "individui che, in maniera autonoma e indipendente, appunto come delle monadi o dei ‘lupi solitari’, sostengono la “causa” nell’ambito di un sistema in grado di assicurare una rapida ed elevata, e per questo pericolosissima, potenzialità di interconnessione".

Non sempre, però, tutto resta solo nella Rete. Prova ne sono, secondo gli inquirenti, le ricerche che Refaei inizia a fare un anno fa per andare in Medioriente: le stringhe che inserisce su Google tra il 15 e il 29 settembre 2022 indicano la chiarissima intenzione di ottenere un visto per la Turchia, porta d’ingresso a sud della Siria.

Nosair dimostrerà, invece la sua pervicacia nel perseguire l’obiettivo quando il 6 dicembre 2022 (il giorno che la Digos sequestra a entrambi i device su disposizione del pm) il suo profilo Facebook viene sequestrato. Il quarantanovenne, si legge negli atti, effettua un accesso indebito alla pagina e riesce a riprenderne il controllo, continuando a pubblicare post già dal 9.

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