ANDREA GIANNI
Cronaca

Milano, nel caso di divorzio violata la privacy di un famoso giornalista: “Mentalità patriarcale della giudice”

Causa di divorzio, la giudice ordina indagini patrimoniali sull’attuale fidanzato non convivente. Ricorso al Garante: “Io neppure informato, violati i miei diritti”. Il giurista: “Così viene meno ogni tutela”

Il provvedimento della giudice è stato emesso nell’ambito di una divorzio É scattato un ricorso al Garante denunciando una invasione della privacy

Il provvedimento della giudice è stato emesso nell’ambito di una divorzio É scattato un ricorso al Garante denunciando una invasione della privacy

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MILANO – La giudice, nell’ambito di una causa di divorzio, per stabilire il mantenimento dei figli ha disposto accertamenti patrimoniali a 360 gradi sull’attuale fidanzato della donna che, però, non ha con lei legami giuridici, non è convivente. E, in particolare, non ha avuto la possibilità di opporsi, perché le indagini sono state effettuate con modalità che negano qualsiasi possibilità di contraddittorio, di reazione o anche la semplice conoscenza sull’utilizzo dei dati personali raccolti.

A essere sottoposto agli accertamenti con modalità “anomale” è il giornalista televisivo milanese Enrico Fedocci che, attraverso l’avvocato Alessandro d’Arminio Monforte, ha presentato un reclamo d’urgenza al Garante dei dati personali chiedendo di “imporre una limitazione al trattamento, incluso il divieto” di utilizzo di elementi che sono già stati acquisiti e sono confluiti nel fascicolo.

“La giudice Sommazzi non ha ritenuto di chiamarmi – spiega Fedocci – e ha ordinato dal nulla un accertamento patrimoniale così invasivo della privacy di una persona che non risulta legata giuridicamente a nessuna delle parti. Se la mia fidanzata non avesse ritenuto di informarmi della cosa, io non l’avrei mai saputo. I miei dati in mano ad estranei. In uno Stato di diritto, mi sembra folle. La norma non può essere interpretata in maniera così arbitraria. Mi colpisce, poi, che una donna operi con una mentalità così patriarcale: si vuole calcolare l’assegno di mantenimento sulla base del mio reddito, visto che la mia fidanzata ha solo un’unica entrata e nemmeno continuativa”.

La giudice del Tribunale civile di Como, Nicoletta Sommazzi, ha ordinato infatti a Inps, Agenzia delle Entrate e Centro per l’impiego la “produzione in giudizio di documentazione attinente la situazione lavorativa, previdenziale, reddituale ed economica” dell’attuale fidanzato, cioè Fedocci. Accertamenti con la formula più ampia, che comprendono anche “ogni altra informazione utile sul patrimonio”, tra cui estratti conto degli ultimi tre anni. Una “grave anomalia giuridica”, secondo l’avvocato d’Arminio Monforte. E l’unica strada, visto che i dati sono già stati raccolti, è il ricorso al Garante per impedirne l’utilizzabilità.

Sulla questione abbiamo chiesto un parere ad Arturo Maniaci, professore di Diritto privato alla Statale. “La riforma Cartabia consente a un giudice di disporre indagini su terzi – spiega – ma in questo caso è stata data un’interpretazione non conforme alla Costituzione. Il destinatario non è stato informato, non ha avuto la possibilità di opporsi o di interloquire con il giudice, si è trovato paradossalmente ad avere meno tutele rispetto a quelle garantite ad esempio a un indagato. Sarebbero stati violati, in sostanza, i suoi diritti”.