C’è una breve storia giudiziaria che merita qualche parola. Comincia con una donna – e madre – che divorzia da suo marito. Il caso arriva davanti a una giudice, che deve fissare l’importo dell’assegno di mantenimento dei figli. Nel frattempo, la donna ha iniziato una relazione con un altro uomo. A quel punto, la magistrata ordina rigorosi accertamenti patrimoniali sul nuovo compagno di lei, peraltro neanche convivente, senza informarlo. L’ipotesi appare piuttosto chiara: la ricchezza di lui condizionerà l’importo dell’assegno.
Ma qui stanno i problemi, due, per la precisione. Il primo riguarda la riservatezza. Come spiega il giurista Arturo Maniaci, il nuovo compagno della donna non è stato informato degli accertamenti, quindi non ha potuto opporsi, né confrontarsi con la giudice: normalmente, persino una persona indagata per gravi reati avrebbe diritto a queste tutele.
Il secondo problema è di carattere più sociologico e culturale. La nuova relazione della donna, in alcun modo formalizzata, non dovrebbe avere nulla a che fare con l’assegno di mantenimento, il cui ammontare ricade anche sulla qualità di vita dei figli. Il mancato riconoscimento della donna in quanto “individualità economica” ha minato – e continua a minare – l’indipendenza femminile. Ed è curioso che a riproporre la questione sia proprio una donna. Togata, per di più.