
Federico Romani, presidente del Consiglio regionale, ha firmato l’atto votato ieri
Milano – Il Consiglio regionale ha deciso di seguire l’indicazione, quasi un’intimazione a dire il vero, dell’Ufficio di Presidenza: prendere atto della sentenza con la quale il Tar ha imposto il divieto di caccia in 475 valichi montani e renderla. Irrituale che un’assemblea elettiva si ritrovi a discutere dell’opportunità di recepire una sentenza, sia pure di primo grado. L’intimazione dell’Ufficio di Presidenza si è però resa necessaria a causa della mozione approvata una settimana fa nella stessa Aula, quella proposta dal consigliere regionale Giacomo Zamperini (FdI), che andava nella direzione opposta perché, in sintesi e per più motivi, impegnava la Giunta a fare il meno possibile per adeguarsi alle prescrizioni del tribunale amministrativo nell’attesa che fosse discusso il ricorso al Consiglio di Stato, già approvato dallo stesso esecutivo.
Da qui la “Proposta di atto amministrativo” (Pda) inviata dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale agli stessi consiglieri. E una seduta, quella di ieri, dove non sono mancati i colpi di scena: nel giro di poche decine di minuti il centrodestra è andato ko per ben due volte, in entrambi i casi a scrutinio segreto. Per questo la Proposta d’atto amministrativo dell’Ufficio di presidenza, infine, è stata approvata.
Nel dettaglio, il punto relativo alla caccia avrebbe dovuto essere discusso già in mattinata perché in testa all’ordine del giorno, invece si è discusso solo a metà pomeriggio perché la maggioranza ha via via chiesto di cambiare l’ordine del giorno in modo da posticipare la discussione sulla Pda e ha poi chiesto e ottenuto una serie di pause dei lavori d’Aula per consentire ai capigruppo dei partiti di riunirsi e concordare la linea.
A metà pomeriggio è Maira Cacucci, consigliera regionale di FdI, ad illustrare all’Aula la posizione sulla quale sembrava fosse convenuta la maggioranza: congelare il voto sulla Pda fino a quando l’Ufficio di Presidenza non avesse ottenuto dal Tar delucidazioni sulle modalità con le quali lo stesso Consiglio regionale avrebbe dovuto applicare la sentenza.
“La sentenza pone in capo al Consiglio regionale l’obbligo di rendere esecutivo il divieto di caccia ma il Consiglio non è un organo esecutivo, quindi non si capisce attraverso quale strumento debba provvedere – ha spiegato Cacucci –. E non è mai avvenuto che fosse l’Ufficio di presidenza a chiedere al Consiglio di votare simili atti, ma la Giunta regionale, dalla quale, però, non è arrivata alcuna richiesta”. Una pattuglia di consiglieri i di maggioranza, tra i quali almeno tre cacciatori (Floriano Massardi della Lega, Carlo Bravo e Pietro Macconi di FdI) ha poi chiesto che il voto sul rinvio avvenisse a scrutinio segreto. Un escamotage per impedire che un domani fossero i singoli consiglieri a dover rispondere di eventuali profili di illiceità del rinvio (danno erariale).
Da qui la protesta dell’opposizione. Michela Palestra, consigliera del Patto Civico, a nome di tutto il centrosinsitra ha respinto la richiesta di rinvio della maggioranza bollandola come “incomprensibile, inaccettabile” e delegittimante per l’Ufficio di Presidenza. Da Pierfrancesco Majorino e Carmela Rozza (Pd) passando per Paola Pollini (M5S), Lisa Noja (Italia Viva), Onorio Rosati (AVS), Luca Ferrazzi (Misto), Manfredi Palmeri e Martina Sassoli (entrambi di Lombardia Migliore), tutti hanno accusato la maggioranza di “ignavia”, bollando il rinvio come una scelta alla Don Abbondio, e contestato il rischio che tutti i consiglieri regionali potessero subire ricadute legali in caso di approvazione del rinvio. Per questo le opposizioni hanno quindi “derogato“ al voto segreto facendo mettere a verbale le proprie dichiarazioni di voto, tutte contrarie al rinvio.
A quel punto i capigruppo di maggioranza hanno preso la parola uno ad uno per dichiarare che, sebbene in regime di voto segreto, avrebbero lasciato libertà di coscienza ai consiglieri. Questo il contesto nel quale si è andati al voto. A sorpresa la richiesta di rinviare il recepimento della sentenza del Tar e chiedere delucidazioni al tribunale è stata bocciata: 32 i favorevoli, 36 i contrari, un solo astenuto. Almeno 9 i franchi tiratori, perlopiù nelle fila di Forza Italia e Lega. A quel punto la maggioranza si è sfaldata e ha rimediato una seconda sconfitta, anche stavolta a scrutinio segreto: 45 i favorevoli all’immediata esecuzione dei dettami del Tar, solo 19 i contrari e un astenuto. Al centrodestra, stavolta, sono mancati la bellezza di 18 voti.