CLAUDIO
Cronaca

Le corse in tram e il capolinea su un bastione

Negri Ma certo: lui era bravo ad attaccarsi al tram. Non gli rimaneva molto altro. Così considerava un lusso...

Negri Ma certo: lui era bravo ad attaccarsi al tram. Non gli rimaneva molto altro. Così considerava un lusso...

Negri Ma certo: lui era bravo ad attaccarsi al tram. Non gli rimaneva molto altro. Così considerava un lusso...

Negri Ma certo: lui era bravo ad attaccarsi al tram. Non gli rimaneva molto altro. Così considerava un lusso a basso costo quell’invito molto milanese di attaccarsi al suddetto, in corsa. Ed essere portato via nel vento delle distanze urbane, meglio se confuse e con indirizzi ancora più confusi. Voleva ritrovare ad esempio quel portone buio e quella targhetta di ottone: “Scuola di portamento”, c’era scritto. Passandoci col tram quasi ogni giorno - ma dov’era il posto? - pensava a esili ragazze votate alla moda camminare fluttuando, assorte e a fronte alta, sotto lo sguardo severo di un’attempata dama dei Balletti Russi. Solo un tram venerando lo avrebbe riportato a quel portamento. Ci voleva proprio un tram di quelli classici, il cui modello si vede ancora sferragliare per le discese ardite e le risalite di San Francisco. Lui si immaginava la Kim Novak di Vertigo (“La donna che visse due volte”) inedita passeggera intenta a obliterare il biglietto, silente e fuggitiva, tenendosi in dinamico equilibrio di tacchi sulla piattaforma. Che portamento. Sarebbe scesa al portone buio delle esili fanciulle? O invece, perché no? A fare Natale popolare coi canditi in quell’altra fermata facoltativa, sotto la scritta perentoria di ferro battuto nell’andito di un condominio: "L’è Natal, ciùmbia!". Come si dice ciùmbia a San Francisco? Fa niente: lui era sicuro che i tram di Milano, con supplemento Atm di fantasia extraurbana, fossero in grado di raggiungere anche mari e montagne. Con o senza trolley. Viaggiando di sguincio, dando il fianco al percorso, era un continuo inchino, senza naufragio, a portoni e a finestre, a tappeti di marciapiedi dove la vita ordinaria ha un suo vivace anelito artistico, camminando di profilo. Vi salivano e vi scendevano persone ravvisabili ogni mattina per un vezzo un guizzo una battuta un dopobarba un pallido rossetto da alba longobarda. Fu così che un pomeriggio di primavera, a suo dire senza uso di allucinogeni, lui arrivò al capolinea dei capolinea. Era su un bastione quasi collinare, fra tigli rinverditi di fresco. Nessuno scese e nessuno salì. Solo un tubare di piccioni e un avviso per tortore: linea libera. Sempre.