Donne in carcere, le ultime tra gli ultimi. “Sono una minoranza, i loro bisogni restano disattesi”

In Lombardia sono soltanto 441 su 6.714 reclusi nelle carceri. L’associazione Antigone: poche opportunità per la loro reintegrazione

Per le donne la vita dietro le sbarre è ancora più difficile

Per le donne la vita dietro le sbarre è ancora più difficile

Milano – Invisibili tra gli invisibili, ma con esigenze specifiche che rischiano di essere soffocate nelle criticità degli istituti penitenziari. Sono le 441 detenute degli istituti penitenziari lombardi (dato del Ministero della Giustizia, aggiornato al 31 marzo), una minoranza rispetto ai 6.714 detenuti totali, che eccedono ampiamente i 5.414 posti della capienza regolamentare. Secondo l’analisi dedicata alle detenute dall’associazione Antigone, proprio i numeri sono una specificità delle donne in carcere. "Le donne in carcere sono percentualmente poche e ciò ha delle oggettive conseguenze sulle condizioni materiali di detenzione – spiega nell’editoriale Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone e dell’Osservatorio sulle carceri minorili – che sono state evidenziate più e più volte da chiunque si sia occupato del tema".

Con soli quattro carceri femminili in tutta Italia, le sezioni per le donne sono in strutture a prevalenza maschile e questo fa sì che abbiano poche opportunità, perché diventa dispendioso avviare attività significative (corsi, attività lavorative e culturali) con numeri bassi. "Il problema sarebbe risolvibile con facilità qualora si superasse l’anacronistico divieto di incontro tra uomini e donne in carcere, permettendo attività diurne congiunte. È necessaria un’attenzione gestionale specifica".

Nel novero dei suicidi, che hanno raggiunto livelli impressionanti nel 2024 (32 nel 2024 a livello nazionale, dato aggiornato al 18 aprile), le detenute sono una piccola quota, ma ci sono (2 in Italia). Proprio Antigone ha sottolineato, nel suo primo rapporto sulla detenzione al femminile, che se il valore assoluto è basso, il numero di casi rispetto alla popolazione media ha assunto, fino almeno al 2023, un valore molto alto, anche più degli uomini (in Lombardia, ad esempio, Brescia è stata scossa dal suicidio di una detenuta nel 2022).

Poche, accusate di reati non gravi, per loro però il reinserimento in società è ancora più complesso. Se oggi, infatti, lo stigma di essere stato in carcere è sempre più accentuato ("il carcere resta incollato addosso anche quando si è fuori, la società è pronta a stigmatizzare più che accogliere", spiega Andrea Cucchini, educatore che a Brescia segue il progetto Avatar pre la Cooperativa di Bessimo), per le donne è ancora peggio. "La donna che non ha risposto al ruolo famigliare – è la riflessione di Antigone – che la società le impone, la donna che si è dimostrata cattiva moglie, cattiva madre o cattiva figlia tende a perdere i propri legami esterni, spesso rompendo la relazione di coppia, perdendo il sostegno delle famiglie di origine, allentando le relazioni lavorative e sociali in generale".

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