
L'area transennata e l'intervento della Scientifica della polizia
Milano – Il femminicidio di Chamila Dona Arachchilage Wijesuriya da parte di Emanuele De Maria, poi suicida lanciandosi dalle terrazza del Duomo di Milano, pone interrogativi sui permessi concessi ai detenuti.E infatti il caso è al vaglio del ministero della Giustizia.
A sollecitare un intervento era stata innanzitutto Forza Italia che per bocca del capogruppo in Senato, Maurizio Gasparri, aveva incalzato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. "Con una interrogazione al ministro Nordio chiedo un'ispezione sulle strutture giudiziarie che sono responsabili dei permessi concessi a Emanuele De Maria, il 35enne napoletano che si è suicidato a Milano in mezzo alla folla dopo aver compiuto ulteriori delitti”, dichiara Gasparri. "E' incredibile – prosegue – che una persona responsabile di un femminicidio abbia potuto fruire di permessi utilizzando i quali ha commesso altri gravissimi delitti e si è suicidato con modalità che avrebbero potuto causare ulteriori tragedie. Le valutazioni della magistratura sono state evidentemente sbagliate ed è necessario individuare le colpe e sanzionare chi ha commesso un errore così grave. Chiedo quindi al ministro Nordio di procedere con immediatezza a un'ispezione nella speranza che questa volta chi ha sbagliato nella Magistratura paghi e non accada quello che accade sempre: le toghe sbagliano ed i cittadini pagano".

Secondo l’avvocato Daniele Tropea, legale di De Maria contattato dall’Ansa, il suo assistito invece “meritava il permesso di lavorare fuori visto l'ottimo percorso che aveva fatto all'interno del carcere”. “La sua posizione era stata valutata dall'area educativa del carcere di Bollate e dal magistrato di Sorveglianza di Milano - ha aggiunto Tropea - non mi sarei mai aspettato nulla di quanto accaduto e nemmeno che De Maria potesse trasgredire le regole”.