Dalla protesta a San Siro alla svolta Tutele per lo sport ma caos sulla norma

Conto alla rovescia e incertezza per i 10mila milanesi che lavorano in impianti e palestre: da luglio cambia tutto

Dalla protesta a San Siro alla svolta  Tutele per lo sport ma caos sulla norma

Dalla protesta a San Siro alla svolta Tutele per lo sport ma caos sulla norma

di Andrea Gianni

MILANO

La loro protesta era esplosa nel 2020 quando, in piena pandemia, si erano presentati davanti allo stadio di San Siro, tempio del calcio dai compensi stellari, con i loro abiti da lavoro: cuffia, costumi e occhialini, kimono, pantaloncini o scarpe da tennis. Un esercito di "invisibili", venuto alla luce per chiedere diritti e tutele, che solo a Milano conta circa 10mila lavoratori, da chi vive di sport a chi invece studia o ha un altro impiego e arrotonda con lezioni private e allenamenti. Persone inquadrate, nella maggior parte dei casi, con la forma ultraprecaria della collaborazione sportiva dilettantistica. Il conto alla rovescia è fissato per il prossimo primo luglio, quando entrerà in vigore la riforma dello sport e le collaborazioni potranno assumere due forme: lavoro sportivo regolato da un contratto o volontariato puro. Una rivoluzione per atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi e preparatori atletici, che potranno essere inquadrati con un co.co.co con tutele previdenziali e in materia di malattia, infortunio, gravidanza, maternità, genitorialità, disoccupazione involontaria (Naspi), salute e sicurezza. Restano però ampi margini di incertezza, sopratutto sull’applicazione concreta della norma in una giungla dove convivono micro-società di quartiere che lottano per la sopravvivenza, grossi impianti privati e catene nazionali. "Milano sarà un banco di prova – spiega Luca Stevanato, presidente dell’ente bilaterale EbiSport, in prima linea nella partita –. Sarebbe anche un buon segnale in vista delle Olimpiadi invernali del 2026, un evento che porterà sotto i riflettori il mondo dello sport. Si tratta di un ulteriore passo avanti, dopo il contratto collettivo di settore, per limitare gli abusi e raggiungere le tutele proprie del lavoro subordinato. Ci sono però ancora diversi punti da chiarire, e chiediamo risposte perché luglio si avvicina".

Un percorso che ha fatto tappa anche a Milano, attraverso un incontro organizzato dall’ente alla Camera del lavoro con il segretario generale della Cgil di Milano Massimo Bonini e la Confederazione dello Sport-Confcommercio Imprese. La Slc-Cgil, con la Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil, si sta battendo da anni al fianco di lavoratori che durante la prima fase della pandemia sono rimasti anche tagliati fuori dai ristori. E la chiusura di piscine, palestre e impianti ha spinto una parte a cambiare lavoro. Ora si aprono diverse strade, e un effetto potrebbe anche essere quello di spingere le società a impiegare solo lavoratori a partita Iva, bypassando quindi la riforma. I dati sulla Lombardia, pur in un quadro migliore rispetto ad altre regioni, fotografano un utilizzo ancora limitato del contratto collettivo. Nel 2021 erano solo 1550 le imprese lombarde che nel corso dell’anno hanno applicato ad almeno uno dei propri lavoratori il Ccnl per i dipendenti di impianti e attività sportive. Nello stesso anno, nella regione, sono stati 7731 i lavoratori con almeno una giornata retribuita nel corso dell’anno con il Ccnl di settore. Altri migliaia escono dai radar, con forme contrattuali ultraprecarie, lavoro nero o grigio. Intanto è in corso la discussione a Roma, con il lavoro delle commissioni Cultura e Lavoro e un confronto politico. Il deputato di FdI Marco Perissa, consigliere del Coni, invita ad "affrontare quei risvolti che rischiano di avere un impatto pericoloso su un sistema ancora in stato di fragilità". Il Pd ha messo sul tavolo cinque proposte, tra cui la previsione di una fascia esente da ogni obbligo fiscale per chi percepisce fino a 5 mila euro annui, così da "mettere in sicurezza l’82% dei collaboratori".

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