GIULIA BONEZZI
Cronaca

Da Niguarda in Sierra Leone per salvare gli ustionati

Un chirurgo esperto oggi parte con Areu e Protezione civile nazionale. Missione-lampo dopo l’incendio con centinaia di feriti a Freetown

di Giulia Bonezzi

È una missione che non ha molti precedenti, quella per la quale parte in queste ore un chirurgo plastico esperto del Centro grandi ustionati dell’ospedale Niguarda. Una missione organizzata in poche ore dalla Protezione civile nazionale con il supporto dell’Areu, che porterà un piccolo gruppo di medici e infermieri italiani in Sierra Leone, Paese africano funestato da troppe disgrazie: l’ultima è stato un incendio devastante venerdì notte, provocato dallo scontro tra un’autocisterna piena di carburante e un camion nella zona industriale della capitale Freetown. I primi resoconti parlavano di oltre novanta morti e più di un centinaio di feriti, nell’esplosione o nel tentativo di recuperare il carburante uscito dall’autocisterna. E la situazione drammatica degli ustionati, alcuni anche sul 95% del corpo: chi è riuscito a salvarsi ha bisogno d’interventi urgenti per scongiurare le infezioni e sopravvivere.

Così, nel weekend, è partito un tam tam coordinato dalla Protezione civile nazionale, che ha cercato chirurghi esperti nel trattamento delle ustioni, anestesisti e infermieri di terapia intensiva pronti a partire immediatamente per la Sierra Leone. Un’impresa non semplice, con la quarta ondata a minacciare la tregua pandemica negli ospedali italiani. Eppure c’è stato qualcuno che in pochissime ore ha detto sì, in questo caso ottenendo rapidamente l’autorizzazione della Regione e dell’ospedale Niguarda, che ha uno dei centri grandi ustionati più importanti d’Italia e ha anticipato anche materiale necessario all’équipe da inviare in Sierra Leone: oggi partirà Armando De Angelis, sessant’anni, responsabile delle attività ambulatoriali di chirurgia plastica nel centro ustioni dove lavora dal 2000, e ha visto passare i pazienti più complessi, da Pasquale Padovano, l’unico sopravvissuto alla strage di Linate, alle vittime della gang dell’acido.

Il chirurgo, insieme a un piccolo gruppo di medici e infermieri da altri ospedali italiani, raggiungerà l’ospedale di Emergency a Goderich, aperto vent’anni fa nella capitale della Sierra Leone: è il centro traumatologico di riferimento per l’intero Paese e, stando alle prime, scarne informazioni arrivate in Italia, ha almeno una quindicina di ustionati gravi nell’incendio di venerdì che hanno bisogno di interventi urgenti. È un ospedale moderno, di gran lunga il più avanzato della Sierra Leone, ma il raggio d’azione della missione italiana sarà probabilmente più ampio, perché si parla di altre decine di feriti ricoverati negli altri due ospedali statali della capitale Freetown. Questa prima équipe resterà in Africa una decina di giorni, e nel frattempo la Protezione civile e l’Areu organizzeranno una staffetta di professionisti dall’Italia perché sono trattamenti lunghi e complessi quelli dei quali hanno bisogno gli ustionati.

Questa missione umanitaria d’urgenza va così a incrociarsi con quella programmata da tempo, e sempre coordinata dalla Protezione civile col contributo dell’Areu, per vaccinare con due dosi dal coronavirus almeno mezzo milione degli otto milioni di abitanti della Sierra Leone, che hanno un’età media inferiore ai vent’anni: nel Paese col tasso di mortalità materna più alto al mondo, funestato dall’epidemia di Ebola, meno del 4% della popolazione ha avuto almeno una dose di antiCovid. La spedizione-vaccini, proposta al Governo dalla Regione Lombardia su impulso del consulente Guido Bertolaso che ha alle spalle una lunga esperienza nel Paese africano, prevede proprio in questi giorni la prima missione esplorativa guidata dall’ex coordinatore del Cts Agostino Miozzo.