Può contare su agganci di primissimo livello, non solo all’interno della ’ndrangheta. Sa muoversi sia tra Milano e hinterland, dov’è nato e da dove si è allontanato l’altro giorno strappandosi il braccialetto elettronico, sia nella Capitale, dove è stato per anni un punto di riferimento del narcotraffico per conto dei clan e dove, secondo le accuse, avrebbe ucciso dieci anni fa Vincenzo Femia, esponente di spicco della cosca Nirta di San Luca. Senza dimenticare la Calabria, e in particolare la zona di Soverato, in provincia di Catanzaro, da cui proviene la sua famiglia, legata a quella degli Iozzo-Chiefari.
La caccia a Massimiliano Sestito, il killer evaso dall’abitazione di Rho in cui si trovava ai domiciliari, parte proprio dai luoghi che il ricercato conosce meglio, anche se giocoforza stiamo parlando di contatti datati: il cinquantunenne era reduce da una lunga detenzione, e di conseguenza non aveva stabilito legami diretti nell’ultimo periodo che possano in qualche modo essere scandagliati con più precisione. Stando a quanto risulta, si è allontanato senza avere con sé documenti di identità e cellulare, ma una cosa pare certa: non è stata una fuga improvvisata. Sestito, che ha già scontato 30 anni per l’omicidio dell’appuntato Renato Lio avvenuto nel 1991, è sparito a pochi giorni dall’udienza in Cassazione per l’omicidio Femia, andata in scena ieri. La Procura generale della Suprema Corte ha chiesto ai giudici la conferma dell’ergastolo comminato nell’Appello-ter, seguito ad altri due processi di secondo grado che si erano conclusi rispettivamente con una condanna al carcere a vita (nel 2017) e con un’assoluzione (nel 2019). Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, Sestito avrebbe ucciso a colpi di pistola Femia tra il tardo pomeriggio e la serata del 24 gennaio 2013: con lui c’era anche Francesco Piazzata, e i due avrebbero ferito a morte l’uomo dei Nirta con una Luger calibro 9 e un revolver Smith&Wesson calibro 357 magnum.
Il movente, stando a quanto riferito dal collaboratore di giustizia Gianni Cretarola (a sua volta condannato a 10 anni per quell’assassinio), va cercato nella lotta per le piazze di spaccio di droga: in particolare, i due killer avrebbero agito su indicazione di Giovanni Piazzata, ai tempi recluso, che aveva preso la richiesta di Femia di acquistare una fornitura di cinque chili di cocaina come una "trappola" da cui liberarsi sparando per primi. I difensori dei due imputati hanno chiesto l’annullamento del verdetto di Appello. La sentenza è stata rinviata al 28 febbraio. Per i militari che stanno cercando Sestito cambia poco: l’obiettivo degli investigatori della Compagnia di Rho e dei colleghi della Catturandi del Nucleo investigativo di via Moscova, coordinati dal capitano Domenico Rana, resta quello di rintracciarlo e ammanettarlo il prima possibile.